Il pane e le rose- Il mouse e il ferro da stiro

30 September 2009

Blablablabla. “Ma tu quindi, nella vita, cosa vorresti fare?” – “Niente”. “Come niente, e allora per che hai studiato a fare?”-“Mi è sempre piaciuto molto leggere. Più di tutto”.
Il fatto è questo. Sto su internet e trovo e sento intorno a me solo storie di donne che lottano per l’affermazione professionale issate su tacchi 12 alle sei di mattina mentre corrono per prendere la metropolitana.  Parlo col le mie coetanee e ascolto sogni di pastellosa felicità coniugale, voglia di pomeriggi a cullare il puppo e guardare verissimo e domeniche all’Ikea.  E pure io tra un brief con davanti il bicchierino di plastica sporco di caffè e un’asse da stiro piazzata davanti al pomeridiano di Amici, senza dubbio la seconda anziché no.
Quattro o cinque anni fa era diverso. Non ho mai sentito dire a una ventenne “voglio una vita tranquilla”. Stese sui prati sognavamo tutte di diventare giornaliste, brand manager, media planner … Alcune di noi ci sono riuscite.  Altre, dopo qualche anno di  stage, treni, pranzi in rosticcerie e buste paga che non coprivano manco le spese del conto corrente, vorrebbero candidamente ammettere che non ce la fanno più.  Anche se di dirlo troppo pubblicamente hanno un po’ timore.  Di sembrare antiche, retrograde, troppo poco ambiziose.
Oppure sarebbe un po’ come ammettere di aver fallito.  Di non essere riuscite a diventare quello che proclamavamo volere essere.  E sembra allora che uno voglia dissimulare disinteresse per quello che non ha saputo prendersi.
E attenzione, non parlo del solito “conciliare lavoro e carriera” e del “voglio il pane e le rose”. Per quello c’è già l’ottima rubrica della psicologa di Vanity Fair. Parlo del  desiderio di non far carriera e del timore che si prova ad ammettere a se stesse e agli altri, che no, non ho alcuna voglia di lottare per affermarmi professionalmente.
C’è chi della nullafacenza ha fatto una poetica di vita (vedi  Gianfranco Marziano) , ma per un uomo il dichiararsi disinteressati al lavoro ha una carica eversiva che manca invece alla stessa affermazione fatta da una donna.  Schiere di mamme e zie post-sessantottine sono pronte a installarci il senso di colpa diritto alla noce del collo.
Detto ciò, amiche mie mi mandate via e-mail le foto delle prove del vostro abito da sposa , che leggere il mio blog in pausa pranzo con lo yogurt davanti,  che pubblicate su fb le spettacolari foto della vostra bambina,  che twitterate da  dentro alla metropolitana, cosa ne pensate?

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