Perchè i blogger esisteranno sempre. Anche se chissà come si chiameranno.

13 February 2012

Disclaimer

Questo è un post un po’ tecnico, da “addetti ai lavori”. Per chi si stesse preoccupando che questo blog niente a niente stesse diventando un blog serio, non vi preoccupate. Tengo già in mente un post su Tiziano Ferro e le canzoni dell’amore immaginario.

La premessa

Questo post nasce dopo il mio weekend romano al TBE12, un incontro di travel blogger e dopo il post di Gianluca sul “Perchè i blogger non esistono” e le varie reazioni un po’ piccate che ho letto in giro.

Il mio (molto personale) punto di vista

Io ho l’ho scritto direttamente sotto al logo qui a sinistra. “Mi chiamo Camilla e questo è il mio blog, ma, per piacere, non chiamatemi blogger”. A me piace definirmi “una che scrive”,  come ho scritto nella bio di Twitter.  Il mio primo stipendio è stato quello da addetta stampa a un concorso ippico. Avevo 21 anni, da allora con quello che scrivo mi sono pagata affitti, viaggi, cene, molti cocktail e troppe scarpe.

Ho sempre scritto, a 10 anni racconti pulp sui quaderni delle elementari, a 20 lunghe email ai miei amori, a 30 tweet da 140 caratteri. Di lavoro ora faccio la copy.  Di lavoro scrivo di viaggi e turismo, per passione scrivo sul mio blog di “fatti miei”, viaggi compresi.  Non sono mai diventata una travel blogger o una fashion blogger perché in sostanza la mia passione è la scrittura. I viaggi o i vestiti non sono mai riusciti ad imporsi come passioni monotematiche su cui focalizzare un blog.

Per questo mi fanno un po’ ridere i sottopancia in tv che scrivono “blogger” sotto qualcuno che ha un blog, come se quella fosse la sua qualifica più importante. E ancora di più mi ha fatto molto ridere l’uscita di Carla Gozzi a Shopping Night che ha definito l’outift di una tipa “molto stile blogger”. Come se mo’ ci fosse un modo di vestirsi che fa “blogger”.

Sui blog, nel 2004, ci ho scritto una tesi di laurea. All’epoca feci un laboratorio in cui studiavo come i ragazzi del primo anno di Scienze della Comunicazione usavo questo strumento, allora ancora abbastanza misterioso. I risultati  furono un blog collettivo che non ci mise niente a trasformarsi in un forum e decine di blog personali con scritte glitterate e foto di gattini. Grandi entusiasmi che sono durati anche un due/tre anni. Poi è arrivato Facebook e la foto dei gattini si poteva mettere molto più facilmente là. Così oggi di quei ragazzi due/tre si sono spostati su io bloggo, altri sono rimasti nel cimitero digitale di Splinder. Il contenuto, qualsiasi sia la piattaforma, sono sempre rimasti i gattini. Perché non sempre il “mezzo non è il messaggio”.

Morale?

Ritorniamo sempre sullo stesso punto, chi ha una passione “vera” la esprimerà sempre nel modo a lui più congeniale. Un blog, un album su Flickr, un canale su Youtube. Chi è bravo e vuole fare della passione un lavoro, userà questi spazi come un biglietto da visita per trovare un lavoro nel settore. O semplicemente per poter avere gratis quello per cui normalmente si paga (i viaggi o i vestiti).

E’ vero, in America ci sono persone che fanno le blogger di professione. Ma io che il sabato vado al corso di danza non è che mi definisco ballerina. Eppure le ballerine di professione ci sono. Ma pur sapendo che non diventerà mai una ballerina di professione, non per questo smetterò di andare al corso di danza.

P.S. Se ci tenete ad apprfondire il discorso,  qui c’è il mio storify

http://storify.com/drinkpop/il-mio-tbe12-lil-dibattito-del-ritorno-e-i-sorrisi

×