L’arte dell’apparo e le vite degli altri

4 March 2012

Io e la mia amica in genere ci telefoniamo sempre il sabato pomeriggio. Lei sta a Milano, io sto qua. Lei non sta su Facebook, e manco su Twitter. E non ha manco uno smartphone qualsiasi con What’s App.  Quindi noi due ci telefoniamo. Sapete, quella cosa che il telefono squilla e dall’altro lato rispondono “Pronto?”.

(è po’ brutto a dire, ma io tendo a dimenticarmi dell’esistenza delle persone che non vivono dentro a qualche social, per fortuna che di lei però non mi scordo).

“Ciao amica, come stai? Come lo appari questo sabato sera?”

“Uhè amica, tutt’a post, ho apparato proprio bene. Ho organizzato un aperitivo dove conosco ben 3 persone su 5 e poi stamattina sono andata al corso di flamenco. Con due impegni oggi domani posso anche rimanere a casa. E tu?”

“No, io stamattina sono stata in giro a fare un po’ di servizi, poi mi sono schiattata due ore di palestra e stasera non esco perché tutta la giornata di domani me la sono apparata con una giornata di trekking con appuntamento alle 8 di mattina”.

“Uah, amica, hai apparato proprio benissimo! Così torni nel pomeriggio stanca e strutta e non ti vengono manco quelle cose tue della domenica pomeriggio.”

Sono sicura, care amiche singol (cit), anche se voi non conoscete il significato del termine “apparare”, avete capito a cosa mi riferisco. Quell’impegnarsi a far qualcosa del proprio week-end che sia degno di esser raccontato il lunedì mattina in ufficio. Che non sia il “Ho vegeto due giorni sul divano nutrendomi di barrette kinder e guardando tutta l’ottava stagione di Grey’s Anatomy e piangendo ad ogni finale di puntata”. Che è tipo quello che farei io a seguire il mio istinto naturale.  Ma poi già me la sento la voce della psicologa dell’amore di Vanity Fair che mi dice “Nhe, che ti pensi, che l’uomo della tua vita ti arrivi per corriere espresso insieme agli smaltini colorati della Kiko?”.

“Ok, dottoressa io esco, ma senza impegno eh, che io mica ho la pretesa di trovare l’uomo della mia vita, mi basta pure l’uomo per la primavera-estate, eh”.

[E così esco. E poi magari dentro a quel bar trovo qualcuno che mentre sto col negroni in mano mi dice “Ciao, ma tu sei Camilla, io leggo sempre il tuo blog,  mi fai troppo ridere!”. Allora io poi mi vergogno perchè A) dal vivo mica sono simpatica B) quello sa tutti i fatti miei e io niente di lui C) si sarà letto pure il post della ricerca fidanzato e ora si pensa che io stia come un’arraggiata a frequentare bar di provincia per cercarmi un fidanzato ricco.]

La sera che più di tutte che preferisco di tutto il wikent è però il venerdì sera e magari sono andata a Napoli e sono davvero stanca. Davvero stanca che posso non uscire senza sensi di colpa. Allora alle 10 di sera sono già nel letto con l’ipad in mano che faccio su e giù col ditino nella timeline di Twitter e mi accorgono che stanno tutte a casa.  Tutte le giornaliste di tutti i miei giornaletti preferiti. Tutte che abitano tra Bologna e Milano, mica in provincia come a me. Tutte tipe che immaginavo condurre vite fighissime. Tutte a commentare le Invasioni Barbariche tra di loro. Tutte a casa. Tale e quale a me. E questa è una cosa molto bella di Twitter.  (Solo che a me le Invasioni non è che mi piaccia tanto come programma. Io aspetto che si facciano le 11 che comincia Alex Zanardi che parla di esplosioni di vulcani e missioni su Marte e allora mi addormento che è una bellezza).

E’ innegabile, comunque, che guardare la televisione sia piacevole, e può sembrare strano che così tanto del piacere che la mia generazione prova nel guardare la televisione stia nel prenderla per il culo.

David Foster Wallace

(Questo forse non ci azzecca niente  con il post, però niente, ve lo volevo dire).

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