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Un giro a Positano e il dovere della felicità

27 October 2013

Il motore della moto gira basso, la mano di lui è un po’ nervosa, si sente che vorrebbe correre ma non corre perché dietro ci sono io. Gli avevo detto che ho paura delle moto, che non ci volevo andare, ma poi sono andata perché la giornata era bella, l’autunno caldo e ondeggiare lungo le curve della Costiera è sempre una delle cose più belle da fare in certi pomeriggi tiepidi. Ogni tanto mi chiede “posso accelerare un po’?”. Magari lo fa solo per farsi abbracciare. Io dico ok, poi un po’ mi piace e un po’ chiudo gli occhi che ho paura delle curve e di quello che c’è dietro le curve. Ma poi li riapro e dietro la curva è tutto così bello,  bello e sfocato dall’umidità come un quadro impressionista.

Il Giro in Costiera è il viaggio che sei vivi a Sorrento puoi infilare nello spazio di una pausa pranzo. Prendi un motorino e in dieci minuti sali al bivio che porta all’inizio della 163. Un paio di curve e la prospettiva cambia. Il mare non è più a Nord, è a Sud. Non è più protetto dal materno e soffocante abbraccio del Golfo di Napoli, è aperto, l’orizzonte è mare e cielo e non luci di città. Gli isolotti dei Galli galleggiano ad aspettare nuovi Ulisse, nuovi naufragi, sirene del tempo circolare dei racconti. Canti di un eterno ritorno che è un’eterna fuga da casa.

Le auto a noleggio con conducente si fermano nelle piazzole ai lati della strada, giapponesi scattano compulsivamente. Solo un’altra foto ricordo di cui sono immortalata sullo sfondo mentre abito qualche cartolina e un’espressione distratta, annoiata, assorta, arrabbiata, indifferente.

A Positano sono tutti felici. La prima cosa che faccio è comprarmi una granita al limone. A me la granita al limone neanche mi piace poi tanto, ma passeggiare con la granita è bello. Quando ero piccola mio padre me la comprava sempre alla fine della salita. “Ora che arriviamo sopra ti compro la granita” mi diceva per invogliarmi a fare quei pochi metri di salita che da bambina sempre pigra mi sembravano immensi.

Ora sono grande e me la compro prima di scendere, perché mangiare in discesa è più bello. Qui i negozi sono ancora tutti aperti, le pezze sventolano colorate e gli americani mangiano spaghetti all’astice dallo Chez Black. “Senti, sono tutti così felici, non ti viene da sorridere pure a te passeggiando tra di loro?”. Sorrido di riflesso e penso che la felicità delle persone che mi scorrono accanto  è forse il principale motivo che mi tiene legata a questo luogo. E’ il classico contagio del buonumore, ma anche una sorta di gratitudine, il dovere di onorare tutta la bellezza che c’è. Faccio una fotina della spiaggia e la pubblico su una pagina che gestisco. Un’oretta dopo ci sono mille like e 50 commenti di “Wish I was there”, “I want to came back”, “My dream is living in Amalfi Coast”.

Io ogni mattina apro le pagine di Capri e della Costiera e mi leggo decine di questi commenti. “Il mio sogno è vivere a Capri”. E un po’ mi sento responsabile di questi sogni. Il dovere morale della gratitudine. Di essere vivi, di essere nella parte giusta nel mondo, di essere nella parte bella nel mondo. E di avere ancora negli occhi la capacità di vedere la bellezza. E nel cuore la capacità di lasciarsi contagiare dalla felicità.Fotor-positano

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