34 is the new 24?

8 July 2014

La mezzanotte che segna la fine del mio compleanno mi trova seduta al bar del paese con una pina-colada davanti e intorno qualche altro sfaccendato amico mio a chiedersi: “E ora che facciamo?”. Le due di notte mi fissano mentre sorseggio un po’ annoiata un moijto su un divanetto bianco del Music on the Rocks e intorno a me americanelle col capello di zio Sam festeggiano il 4 luglio che ormai se ne va. L’albeggiare del mio 35 anno di età mi sorprende persa dietro le misteriose retrovie della spiaggia di Positano mentre esclamo “Oh no! Dobbiamo guadare il fiume per andare a riprendere il motorino” . E no, non era un fiume, mica ci stanno i fiumi a Positano, era la fogna. E no, il motorino era da tutta un’altra parte.

L’odore caldo dei cornetti che salgono dalla panetteria sotto casa mi colpisce alle narici che sono passate le cinque del mattino e me ne sto sul balcone di casa a fumare una sigaretta della meditazione sul compleanno passato. Sull’anno passato. Su tutti gli anni appena passati.

La pianta di basilico mi guarda implorante di un po’ di acqua, la catasta di panni da stirare mi lancia muti segnali da dentro l’asse da stiro Foppapedretti (350 euro per assolvere ottimamente alla funzione di mobile-per-nascondere-i-panni-da-stirare) dalla camera da letto arriva leggero il ronfare di chi è andato a dormire cinque ore prima di me.

Spengo la sigaretta, vado a prendermi un cornetto, butto le ballerine finite nella fogna in lavatrice e penso. “Certo che questi 35 anni sono una versione corretta, riveduta e migliorate dai 25. O volendo anche dei 15”. Puoi tornare a che ora vuoi senza che nessuno ti telefoni per chiederti dove sei. Puoi ordinare tutti i cocktail che vuoi senza contare quanti soldi hai nel portafogli. Se finisci il contante c’è il bancomat. Se finisci i soldi sul bancomat c’è la carta di credito. Puoi dormire con chi vuoi. Puoi vomitare in bagno senza preoccuparti di non far rumore. Puoi tornare a casa e poi riuscire senza che nessuno ti chieda dove vai all’una di notte. Puoi rimanere a casa per tutto il weekend senza che nessuno si preoccupi perché non esci.

Non posso fare a meno di chiedermi: “Quando tempo durerà questa adolescenza riveduta e corretta? Fino a quando potrò avere il totale e libero arbitrio della mia vita? Fino a quando potrò decidere all’ultimo momento di dormire fuori casa, di cenare alle 10, di non cenare affatto, di andare in palestra alle 7 del mattino, di rimanere a letto fino a mezzogiorno?”. La risposta già la so. Me lo ripetono tutti. “E vedrai, quando poi farai un figlio…”. Vedrò? Non lo so. A volte ho paura che questa adolescenza prolungata ed edonista in cui ci culliamo ci renda inadatti ad essere genitori. Mi renda inadatta. Nell’istinto naturale poco ci credo. Ma poi c’è una cosa che mi dice sempre il mio capo.

“Diventare padre è l’unico avvenimento della mia vita che mi ha portato a lasciare a qualcun altro la prima scelta nel vassoio di dolci”.

Allora forse è vero che si diventa così. Ma intanto continuo a finire la pizza senza chiedere “ne vuoi un po’?”

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