Quando un passaporto non basta

6 August 2014

Ieri sera mentre stiravo le lenzuola (sì, io stiro le lenzuola) ho guardato distrattamente l’orologio. Erano le 10 e 10, il nostro volo sarebbe partito per Tel Aviv tra 30 minuti. Dico”sarebbe” non solo perché noi non eravamo su quel volo, ma anche perché il volo non è partito per niente. Cancellato dalla Meridiana. Niente più andata e ritorno da Napoli a 99 euro tasse comprese. Niente più viaggi organizzati dalla parrocchia sulle orme di Papa Francesco, niente più viaggi di coppia in Cisgiordania a cercare i murales di Bansky.

Prima che i titoli del giornale cominciassero a farsi preoccupanti ho il tempo di comprare una Lonely Planet, sottolineare qualcosa a matita. Il Santo Sepolcro, il centro di Jaffa, un chiosco di falafel. E prenotare un hotel affacciato sul mare a Tel Aviv e un loft  a Gerusalemme. Poi i titolo dei giornali hanno cominciato a farsi preoccupanti e noi a dire:”Che facciamo?”.  Controlliamo le date di cancellazione senza penality. Abbiamo tempo fino al 27 luglio, decidiamo all’ultimo. Le bombe cadevano su Gaza, mia mamma mi telefonava per chiedermi se mi fossi decisa a cancellare, aerei cadevano in Ucraina abbattuti da missili vaganti. 300 morti di qua, mille morti di là, io che cerco distrattamente su Easy Jet mete alternative.  Ma non ho voglia di cercare alternative. Ci pensa Meridiana a toglierci ogni dubbio. Volo cancellato. Ciao Tel Aviv, ciao Ben Guiron. Inutile essersi fatti un passaporto nuovo e bianco, pulito da timbri di Siria, Egitto, Libia, Algeria. È la prima volta che mi tocca rinunciare a un viaggio che mi si era attaccato alle ossa, che avevo cominciato a costruire in mente e in pratica. Non ho prenotato niente di alternativo, non ho voluto indietro i soldi della cauzione data all’associazione palestinese che organizza tour nei West Bank. Non sempre basta un passaporto per andare via lontano.

Intanto un’altra notte scende su Gaza, io continuo a stirare lenzuola fresche di bucato. Là altre lenzuola si macchieranno di sangue. Continuerò a guardare distrattamente l’ora sul cellulare, me lo dimenticherò in giro, nascosto sotto i cuscini del divano. Tanto che fa. Non mi arriverà nessun messaggio che mi dice che ho 30 secondi di tempo per fuggire prima che mi bombardino casa.

E mi chiedo se ha senso essere triste per il stupido piccolo viaggio mancato. Se ha senso essere arrabbiati per il nuovo passaporto che resterà bianco.

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