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Questa storia di Cipro

31 May 2017

“Allora Cipro” mi hai detto l’estate scorsa appena tornati dalle vacanze che Caterina era ancora così piccola che stava buona buona nella borsetta fasciatoio aperta sulla scrivania. “Cipro, e che posto è Cipro? La gente va a lavorare a Berlino, Londra, Parigi, mica a Cipro… non so manco dove sta”

“A venti minuti dal Libano”

“Tutto a posto”

Cipro tecnicamente è medio-oriente. Praticamente è un pezzo di Gran Bretagna le palme e i kebab. O un pezzo di Medio Oriente con la guida a sinistra e le uova e i fagioli al bar. Sulla mappa politica è divisa in due parti: da un lato c’è la parte greca, che è Repubblica con il suo passaporto e tutto il resto, dall’altra parte c’è la Repubblica di Cipro del Nord che è una specie di no-where, una nazione riconosciuta a livello internazionale solo dalla Turchia. Se dal Sud greco vuoi passare al Nord turco devi cacciare il passaporto. E viceversa.  E questo io mica lo sapevo, quando nella mia mente Cipro era un posto dove si va in vacanza e dove è nata Afrodite. In realtà a Cipro c’è Nicosia, ’ultima capitale europea con una frontiera in mezzo e i check-point con i soldati e la mitraglietta. Dei poliziotti controllano i passaporti, e sembra che lo facciano con molta serierà, da un lato del corso ci sono gli H&M e i Zara, dall’altro lato del corso, caffetterie, robivecchi e gioiellerie dove comprare un diamante con la sicura garanzia di Cipro Nord.

A Cipro ci siamo arrivate la prima volta in un febbraio freddo e piovoso come sanno essere solo certi febbraio dell’Europa del Sud. Io e Caterina, su uno di quei soliti comodi voli con cambio a Monaco e partenza alle 6 del mattino. Coi mesi ho imparato che non esiste un modo comodo per arrivare da Napoli a Cipro, sarebbero 3 ore di volo, ma hai  a voglia di scavare su SkyScannar tutte le possibili combinazioni, con meno di 9 ore di viaggio non te ne esci. Roba di tutto relax da affrontare da soli con neonata….

La città si chiama Limassol, detta anche Limassolgrad visto che dopo le semplici insegne in greco sotto c’è sempre quella in russo. Perché qui la popolazione prevalente dopo i ciprioti non sono i pensionati inglesi come immaginavo, ma russi, bielorussi ucraini e derivati. Una prima ragione la immagino subito ed è la stessa per la quale la company di marito ha qui il suo bell’ufficio scintillante: 5% di tasse. La seconda ragione la scoprirò presto dalle vetrine delle agenzie immobiliari: foto di un mega-loft con sovrapposta la foto di un passaporto. Alza la cornetta! L’Unione Europea ti aspetta!  Eh sì, perché qui funziona così: tu ti compri una bella casa di un milioncino di euro e la Repubblica di Cipro ti regala a te e alla tua famiglia un comodo passaporto cipriota, cioè europeo.

Non è che Limassol sia una gran bella città. E’ un paesone pieno di Costa Caffè dove tutti parcheggiano allegramente sul marciapiedi, case basse, qualche palazzo scintillante di uffici, molti lavori in corso per accogliere in complex nuovi di zecca i colletti bianchi dell’esentasse. La caratteristica che più ti rimane impressa sono gli scaldabagni sui tetti. montati in alto, su delle specie di scalette e collegati a dei pannelli solari. Vista dai bordi dell’autostrada la città sembra un enorme selva di scaldabagni. Brutti sono brutti, ma quando poi l’acqua calda della doccia è sempre bollente e non finisce mai pensi che puoi soprassedere a tanta bruttezza. Fondamentalmente l’unica cosa bella di Limassol è il lungomare, che sembra quello di Castellammare o quello di Cannes, palme, pontili di legno e spiaggette con un mare dalla pulizia irreale per essere al centro città. Le mamme russe fanno su e giù con i passeggini, i ciprioti se ne stanno seduti a bere i loro interminabili caffè.

L’altra cosa che mi piace, ma è quello che mi piace di tutti i posti che non sono Italia, è la varietà di ristoranti. Cosa vuoi mangiare stasera? Turco, vietnamita, cinese, giapponese? C’è tutto. E puoi ordinare tutto a domicilio. #lacivilità

La casa che affittiamo al prezzo di un monolocale in periferia, è grande tipo 150 metri quadri, ha tre camere da letto e un soggiorno-cucina grande quanto tutta casa nostra a Sorrento. Caterina impazzisce di gioia gattonando in uno spazio immenso e lancia gridolini entusiasti andandosi a nascondere dietro il bancone della cucina. Due balconi, il giardinetto fuori, il posto macchina sotto se non vuoi parcheggiare direttamente con due ruote sopra il marciapiedi come qui è uso comune. Tutti questi metri quadri subito si riempiono di polvere, anche due ore dopo che hai spazzato e Caterina si ritrova sempre con le ginocchia nere nere. La filippina che ci pulisce tutti questi metri quadri a 5 euro l’ora dice che è la polvere del deserto. Che non è poi tanto lontano.

Neanche la guerra è tanto lontana. La sera mentre siamo seduti fuori sul balcone vediamo gli aerei militari volare bassi verso est. La base militare è qui dietro, la Siria è a venti minuti di volo. Caterina dorme al sicuro nella sua culla, venti minuti più in là e non sarebbe più al sicuro. E noi ce ne stiamo qui, i piedi appoggiati sulla ringhiera, il limoncello in mano, avanti e indietro tra case e aerei noi che possiamo farlo. Fin che possiamo farlo.

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