Post scritto mentalmente in una notte insonne a due settimane dalla laurea

9 February 2005

Primo anno: capelli blu e anfibi viola. Canne fumate sulle scale di sicurezza e cuffiette sempre nelle orecchie. Voglio fare la punkabestia ma non ce la posso mai fare. Definizione di Antonio ( che non era ancora il Sig. Puccio): “guarda a questa, vuole fare tanto la punkebestia ma poi si sente a Nicolò Fabi”. Il pullman di Alberto e l’altro lato della cuffia. Macine e Nutella e studiare seduti per terra. Cavicchia mentre fuori faceva buio spiegava la morte, e io ero già innamorata dell’università. Fuori un vento fortissimo e il gelo di Fisciano con le luci accesse che sembra un aereoporto ed era ancora solo un paessaggio postindustriale senza i cuozzi dentro. Primi mesi innamorate persa di PasQ (eh, caro mio, che ti sei perso!)Secondo anno: sto con Marco M. e il sabato sera mi metto la longuette e me ne vado a ballare il latino-americano nei locali trash dell’entroterra. Lento imborghesirsi. Prati verdi e chiacchere sotto il sole. Scopro Internet e imparo a parcheggiare parallelo al marciapiede. La vita scorre tranquilla fuori ai finestrini della tipo uno bianca di michele il roito, semrpe noi cinque che andiamo a seguire psicologia e tutto mi sembrava andasse bene tra me le mie parole e la mia anima.Terzo anno: il corso di antropologia mi spiega la vita, nasce “wlemetafore”, innamorata di Marco, tutto intorno si coloro e si agita in un modo che avevo dimenticato. Momenti incantati, cristallizzazioni di un attimo. La parola troneggia sovrana sulla vita ignara e muta, nomina sunt rerum, stat rosa pristine nomine,nomina nuda tenemus. Un mondo di vetro. A maggio il crash e nulla sarà come prima.Quarto anno: il più bello nel ricordo ( gli angoli del presente diventano curve nella memoria , nel ricordo gli scenari prendono il posto dei drammi, che ne resta di tutto il dolore che abbiamo sofferto da giovani?) Una minuscola stanza rosa col tetto spiovente affacciata sul giardino di un convento è pronta a ricomporre la mia vita. Scrivo coi pastelli colorati sui muri e ascolto i canti che vengono dal convento alle sei della sera. La mattina mi alzo alle 10 metto su il caffè e i Marlene Kuntz e mi commuovo con il pulviscolo danzante nel raggio di sole del mattino. Vado all’università per il sentiero di Cappuccetto Rosso e bevo solo Red Bull. Neve che volteggia fuori dalla finestra e Rumore Bianco. Inquieta ma felice. Poi arrivo la prima vera e con lei mister X e allora in quella stanza ci fu spazio solo per mattine tarde odorose di caffè a letto e indolenza del primo pomeriggio. La sera si sentiva l’odore del pane che saliva dalla finestra e facevamo l’amore nel blu della prima sera. La felicità pura e perfetta.Quinto anno: neve postindustriale fuori dalla finestra al settimo piano di PasilaBole. Guardo i corvi che tagliano in un lampo l’orizzonte fumando e bevendo cioccolata calda. Mi alzo alle tre del pomeriggio che è già buio e mi addormento alle 7 del mattino che è ancora buio. Il giubbino rosso e il Lidl, le strade scivolose e l’odore delle polpette speziate delle mensa. Opastinstila, Junaliankuia, tervettula, moi moi, ravintola, mina olen Camilla, corso di finlandese. E tornare e trovare che ormai fisciano non appartiene più. Notti a tirare su con naso e a tentare di studiare economia sulla poltrona a fiori,intorno a te l’ università è cambiata, è affollata, è chiassosa, piena di mazzamma (n.d.t.: folla di giovani cuozzi, zari, tamarri, come sii dice in Padania?). La ritrovi solo alle sette della sera, con poche luci accesse e le signore che spazzano via l’immondizia lasciata dall’ orda di barbari. Lasci uno sguardo nostalgico alla fontana che quando sei arrivata ancora era in costruzione, ti stringi nel cappotto che il freddo è sempre uguale e ti avvii alla macchina sola nel parcheggio.

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