La mia notte bianca

11 November 2005

E’ martedì sera, i piedi hanno smesso di farmi male e posso ora raccontare la mia notte bianca unendomi al racconto dei compagni blogger napoletani. Non che il mio racconto sia diverso dagli altri, accomuna il comune senso di fluttuamento, smarrimento perdimento tra la folla. E il non aver visto una mazza. Ecco. Io ero partita organizzata e entusiasta, mi ero fatta la mia cartina con l’itinerario, gli orari degli spettacoli, gli orari dei treni e tutte queste cose da femmina organizzata quale sono. Viaggio nel treno ancora al limite della normalità, tanto stavo seduta io, e se la gente si scannava e si incastrava tra le porte per salire, più di tanto non me ne importava, tanto io stavo seduta e parlavo con la signora di fronte che si trascinava dietro un marito che vistosamente avrebbe preferito sentire tutti gli lp di albano di seguito piuttosto che andare alla notte bianca. Arriviamo a Piazza Garibaldi e mi rendo conto delle proporzioni dell’evento. Voglio dire, io sono una che prende il tram n1 tutte le mattine alle nove, sono abituata alla lotta quotidiana per la sopravvivenza e non mi impressiono facilmente. Ma mi sono decisamente impressionata quando si è trattato di prendere la metropolitana. In miglia sulla banchina, centinaia di persone che non erano riuscite a infilarsi nel treno precedente. Senti i muscoli di tutti che incominciano a tendersi al suono del carro bestiame in arrivo. Gli occhi cominciano a lanciare saette. Il petto si gonfia. Io sono in prima fila. Il treno arriva. Mi rendo conto che appena il treno aprirà le porte sarò scamazzata. Il treno si ferma con le porte esattamente davanti a me. Monta la pressione alle mie spalle. Comincio a urlare: “ per favore! Non uccidetemi!”. E’ inutile. Il treno apre le porte e io in un attimo mi ritrovo dentro sotto la spinta della folla inferocita. Rimango con la faccia schiattata nel vetro di fronte alla porta mentre le porte non si chiudono perché c’è chi è fermamente convinto nella forza di osmosi della folla e non accenna a scendere perché non c’è più spazio. Mia cugina racconta di gente che minacciava con la pistola gli altri per farli scendere e infilarsi loro. Fatto sta che il tetris alla fine riesce, i bambini vengono issati nei portapacchi e la metro parte. Arriviamo a Piazza Dante ma non si può uscire dalla metro perché c’è troppa gente nella piazza, Ritorniamo a Piazza Cavour e arriviamo a piedi a Piazza Dante dove non possiamo fermarci perché travolti dalla folla. Praticamente senza camminare arriviamo a Piazza Plebiscito. Giri e giri e giri per cercare di riuscire a mangiare qualcosa. Fila fila e fila per fare pipì. Ancora giri per cercare di vedere qualcosa. Alla fine dopo tre ore di trascinamenti Camilla AbrahminaSimpson decide che non sopporta più la folla che è stanca e che vuole tornare a casa. Detto fatto. Da Piazza del Gesù arriva un attimo a piedi a Porta Nolana poi cerca di infilarti nel treno, aspetta che il treno parta cercando di trovare la tua porzione d’aria tra la folla inferocita, aspetta venti minuti a ogni stazione che si arripigliano le tre persone che svengono ogni cinque minuti. Dopo due ore di treno sei a casa. Capisci che è tutto molto bello, ma tu sei decisamente troppo votata alla vita casalinga per queste cose. Te ne rendi perfettamente conto la sera dopo. Il divano, la copertina, il film dell’orrore, le candeline accese, la cioccolata, il vino rosso, le bruschette, i crostini, la zuppa zucca e porri, la nebbia che piovigginando sale agli irti colli fuori alla finestra. Questa è la mia idea di notte bianca.

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