Di una solarità piovosa

28 November 2005

Ho otto anni è novembre, una giornata grigia con una pioggia sottile che disegna il finestrino e sono sul sedile di dietro dell’alfa 175 bianca di mio padre ( la sicurezza è poter dormire sul sedile di dietro, dice Charlie Brown). Lucio Battisti dal mangiacassette canta: “ma che sapore ha una giornata uggiosa, ma che profumo ha una vita non spesa…” Io chiedo a mia mamma. “Mamma che vuol dire uggiosa?” E lei “Questa è una giornata uggiosa”. Fisso le gocce che scivolano sul vetro e mastico la parola uggiosa, già sentendo un’intima concordanza( Dal mio taccuino di dodicenne- Le mie parole preferite: presagio, settentrione, speranza, nostalgia, violino, boreale, miriade, uggiosa, driade)Treni freddi, mani rosse semi-congelate, sigarette malinconiche, un incantesimo incrinato, aspettare il tram del ritorno sentendosi con in poster di claudio baglioni, il caffè nei bicchierini di carta. Le dieci del mattino le sei e mezza della sera. Dover fare otto telefonate, odiare telefonare. Gli occhi rossi, i piedi gelati come al solito, il burro di cacao, fogli dispersi, la mia scrittura contorta, che cacchio ho scritto qua? Lo spleen che si infila come gas nervino da sotto gli infissi delle finestrelle di alluminio.Mi infilo in un bagno caldo, di quelli così caldi che ti bruci ad infilarci dentro. Pieno di schiuma morbida all’iris. L’iris che sa di borotalco. Ci resta dentro fino ad anestetizzarmi, ci resto dentro a farmi calare la pressione.La felicità è un accappatoio caldo e il cuscino che ci puoi infilare i piedi dentro dell’ikea messo a scaldare sul termosifone mentre fuori piove.E una fetta di torta cioccolato e nocciola.(Ma possibile che non riesca a trovare un compromesso tra decadenze post-adolescenziali e chick lit pretrentenni?)

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