Di cosa parliamo quando parliamo di connessioni

4 April 2007

Dunque. C’è questa ricerca della Nielsen (alla quale tra l’altro ho partecipato pure io ricompensato con una banconata da cinque euro infilata dentro una busta e con la quale mi sono comprata una cintura rosso a pois bianchi da portare alta in vita con un fiocco davanti) sul consumo di spazi web 2.0 da parte degli italiani. Vengono definiti “heavy user” coloro che si connettono in media 44 volte al mese. Ma quanti tra i miei venticinque lettori sa dire quante volte si connette al mese? Non mi pare un approccio corretto questo, mi sa tanto di web 1.0. Si poteva individuare chiaramente il numero di connessioni ai bei tempi di una volta del modem 56k, ciccavi su connetti bip bip beeee biiii ed eri connesso. E tuo padre che ti urlava di staccare dal soggiorno dopo appena mezz’ora e tu però intanto ti stavi un attimo innamorando sul messanger. Non funziona mica più così. Qualsiasi utente medio, medio del 2.0, la mattina arriva in ufficio, accende il computer ed è connesso. E magari puoi affacciarti al web tra un’attività e l’altra, ma mica stai lì a contarle come singole connessioni. Sei connesso e stop. O ancora, puoi fare un lavoro tipo il mio e allora lavori direttamente su Internet e quindi sei continuamente connesso otto ore al giorno. Poi arrivi a casa la sera e la prima cosa che fai è accendere il computer, così magari come i tuoi genitori accendono la tv. Perché Internet è un sottofondo continuo, una cosa che sta lì e non distingui più on-line e off-line, reale e virtuale. E’ il prolungamento delle nostre vite, la bacheca di sughero alla quale si appendono le foto, il diario di scuola dove spillavi il biglietto del film che avevi visto con lui, sono le lettere scritte a mano mentre la professoressa spiegava….”E’ la trama delle nostre vite” come disse già sei anni fa il buon Castells.Sondaggino: resisti di più senza cellulare o senza internet?

×