Le scienze della comunicazione

4 October 2007

Mo’ tutto si chiama scienze. Siamo tutti scienziati. Giurisprudenza non è più giurisprudenza ma scienze giuridiche, economia non è più economia ma scienze economiche. Scienze della comunicazione è sempre stata scienze della comunicazione. Progenie di tutta la fuffa a venire.Quando andavo alla scuole medie volevo andare a lettere. Volevo fare la giornalista. Da quando sono nata volevo fare la giornalista ( o la scrittrice). Scrivevo articoli moralisti e fustigatori sul giornalino dell’oratorio contro il modello culturale imposto da Non è la Rai e mi rifiutavo di studiare la matematica perché mi sentivo unicamente chiamata al sacro fuoco della penna. Me tapina. Quando avevo verso i 15 anni venni a conoscenza della nuova, magica invenzione del sistema universitario italiano. Scienze della Comunicazione. La facoltà che ti apre le porte al dorato mondo della comunicazione. Puoi fare la giornalista, l’addetta stampa, le pubbliche relazioni, l’autrice televisiva, la comunicatrice aziendale e tanti altri bei lavori trendy. Non pensai mai più di poter fare altra facoltà se non scienze della comunicazione. Continuai a studiare esclusivamente italiano storia e filosofia, accumulai debiti formativi in tutte le altre materie che non ho mai saldato (roba che se Fioroni mi acchiappa mi fa fare latino greco e matematica a settembre) e durante l’estate del 99 mi iscrissi ai test di ingresso di tutte le scienze della comunicazione d’Italia. Un settembre in treno. Entrai a tutte. Rimasi a Salerno. E cominciarono cinque anni di idillio. A Scienze della Comunicazione ti fanno vedere Matrix e Blade Runner, ti fanno studiare l’incarto dei pacchetti di caramelle, si guarda tutti assieme Uomini e Donne e si commenta con un bel focus group la valenza semantica della french manicure delle corteggiatrici. Io mi sedevo nelle ultime file e ridevo, non andavo a seguire economia e facevo le capriole nei prati verdi. A febbraio nevicava, noi staccavamo i sedili dalla sedie e ci buttavamo giù dalla collinette. Studiavo libri dal titolo “Come risvegliare il vostro genio creativo” andavo là e pigliavo trenta. I miei genitori erano tutti contenti di questa figlia che prendeva sempre trenta. Preparavamo gli esami in tre giorni e il resto facevamo i radical-chic a Penta, frazione di Fisciano. Ho fatto una tesi, sui blooog, il nuovo strumento di comunicazione di noi gggiovani, analizzando i blog con le scritte glietterate amore mio ti amo tanto non ci lasceremo mai forever together delle ragazze del primo anno e ho preso 110 e lode.E mi ritrovo in vista della scadenza del solito cocopro a pensare, potevo fare scienze della formazione, mo’ facevo la maestra. Mezza giornata e due mesi di vacanza. Potevo fare ingegneria, sei, sette anni di botta ma mo’ avrei trovato un lavoro vero. Potevo fare economia e mi andavo a fare un praticantato da un commercialista e poi mi aprivo uno studio mio. Potevo fare medicina, tanto il sangue non mi fa schifo. Potevo fare giurisprudenza e poi cominciare la carriera di concorsista nella pubblica amministrazione. Potevo non andarci proprio all’università e probabilmente l’avrei ingarrata. Ma qua noi si voleva studiare la comunicazioneee.Il messaggio è questo. Ragazzi, e soprattutto ragazze, fate un università che vi faccia diventare un qualcosa di definito, non uno scienziato della comunicazione. Scienze della com fatela solo se siete alte un metro e ottanta, portate la 40 e sognate un futuro da veline. Così avrete una bella risposta pronta quando TgCom vi intervisterà. Direte che “Per me è fondamentale una solida preparazione culturale. Io infatti frequento Scienze della Comunicazione e adoro leggere. L’ultimo libro che ho letto è stato l’Alchimista di Paulo Choelo. Mi ha cambiato la vita”.La vecchia saggia disse ciò. E ora basta, che la giornalista deve scrivere la circolare sui poli catastali.

×