Regina, reginella, quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello?

21 October 2007

Quando fu, poco più di un anno fa, che si consumò il mio primo addio lavorativo, la cosa era di pubblico dominio. Ci furono torta, champagna, regali d’addio e molte lacrime. Fuori c’era il temporale, io riempi una scatola con tutti i miei pupazzetti e li misi su ogni scrivania. Quando ogni tanto torno, vedo che i pupazzetti sono ancora là.Questa volta non lo saprà nessuno. Me ne andrò così un venerdì sera salutando tutti come se ci vedessimo lunedì. Ma il lunedì sarò già in Sicilia a snervare. Forse manderò una mail a tutti sabato.Nessuno lo sa perché in questo posto si dice che le cose non si devono dire e nessuno deve sapere niente. Le cose vanno sussurrate dietro porte chiuse e non urlate nei corridoi. Non saluterò nessuno non perché non ami il melodramma degli addii, ma perché non saprei e non vorrei rispondere a domande ovvie.Ma come mai te ne vai? Non mi hanno rinnovato il contratto.Ma perché non te l’hanno rinnovato?Non lo soMa hai già trovato altro? NoMa stai cominciando a vedere qualcosa? No.Io me ne andrò una settimana a limbeggiare sotto l’Etna e poi boh. Qualche settimana a casa, con la felpa delle scuole medie a guardare uomini e donne e fare gli occhi a pixel. Guarderò il passaggio del sole nel cielo e aspetterò qualcosa di buono che verrà. Al primo post lagnoso pubblicato sul blog deciderò che è ora di trovarmi un lavoro. E si ricomincia daccapo.Tre passi di gambero. Due di formica.

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