Quello che poi ti ricordi

5 March 2008

Quando morì mia nonna l’impiegato delle pompe funebri mi mise davanti un modulo precompilato con sopra un header scontornato ad onda,sfumato nei toni del lilla. Sotto dovevi mettere una crocetta sulla frase che volevi per il manifesto.* Serenemante è venut.. a mancare all’affetto dei suoi cari* Tragicamente è scompars..* E’ tornat.. alla casa del Padre* Dopo una vita dedita alla famiglia e al lavoro si è spenta la cara esistenza di…Ne danno il triste annunzio (….inserire nomi e cariche parentali…)Un’altra crocetta si doveva mettere sul logo presecelto per il manifesto* Madonna Addolorata* Gesù Cristo sulla Croce* Padre Pio con le stigmate* Foto del defunto santo subitoRighe di text libero se volevi un messaggio personalizzato. Si sa, scrivere il proprio epitaffio è un tipico esercizio da wannabe copy in fasce. Ne ho quaderni pieni. Altra cosa è scriverne uno sedute al tavolo laccato lucido della domenica con i due ragazzotti delle pompe funebri dalle spalle grosse a fuori di portare bare che ti spiano da dietro. Metto due crocette a caso, bene attenta a evitare Padre Pio.L’industria della morte è un’industria efficientissima. Dopo un’ora già i manifesti erano lì, freschi d’inchiostro e umidi di colla con il mio nome di battessimo in bold e i margini della doppia l che si mischiavano un po’.Quando morì mia nonna una vecchia zia venne vicino a mia mamma per ricordarle che la coperta di merletto matrimoniale sotto la quale lei era morta spettava a mio fratello. E lei ci teneva molto a questa cosa. E io ho pensato a mio fratello, bassista di heavy metal nei peggiori bar di Amsterdam e alla coperta di merletto. Mio fratello che ancora non sapeva niente e alla coperta di merletto da chiudere in un trolley attenti a non superare i venti chili che la Transavia te li fa pagare. Cosa ci fa una coperta di merletto in una mansarda nella red light street di Amsterdam?Quando morì mia nonna, mia mamma già sapeva quale cassetto aprire. L’ultimo del como’. In fondo a tutto c’era una scatola. Dentro una bella camicia da notte coi merletti, calzette bianche, una corona del rosario, un piccolo scapolare di velluto di quelli che ancora si usano qui, in certe zone del Sud, dove dentro si cuciono ermeticamente santini e fiori secchi. E una busta con dentro 12 banconote da cinquanta e un biglietto “da dare a Sisina per le messe gregoriane”. Una scatola prepara anni e anni prima. Non si sa quanti, e io a chiedermi se mia nonna avesse anche fatto il cambio lira/euro e avesse calcolato il tasso di inflazione.Quando morì mia nonna mi tornaro in mente tutte le istruzioni su come comporre un morto che aveva letto avidamente a 9 anni sul manuale di infermiera di Suor Camilla. La fascia per tenere chiusa la bocca e bisogna fare presto. Ma nel mio bieco e postmoderno allontamento e repulsione dell’evento mortuale non l’ho nemmeno toccata e ho lasciato fare a mia mamma e alla badante ucraina che però prima copriva tutti gli specchi. Io mi sono girata e ho fatto l’unica cosa che sapevo fare. Telefonare e organizzare. Con davanti l’agenda di mia nonna e i numeri che man mano che si facevano più recenti la grafia era sempre più incerta e incomprensibile. Fino ad essere sostituita dalla calligrafia antica e svolazzante della sua tata.Subito dopo arrivò una comitiva di parenti che non sapevo di avere e zie con cappottoni neri dalle spalle troppo larghe che si alzavano sulle punte dei piedi per darmi un buffetto in faccia e dirmi “E tu sei Camilla piccola? Come ti sei fatta grande! Hai gli stessi occhi della nonna”. Mia mamma in altri giorni avrebbe detto “La stessa tendenza a mettere su chili sui fianchi. Se non la finisci con quei piattoni di pasta diventerai come tua nonna”.Le suore di là hanno attaccato il rosario. Macchine da guerra anche loro. Snocciollanto quadrupli e quinti misteri dolorosi come io sono recitare a memoria ei fu siccome immobile dato il mortale sospiro stette la spoglia immemore orba di tanto spriro.Si sta facendo buio. Esco fuori a prendere aria. Per l’ultima volta vedo spuntare fuori dalla montagne blu il treno da Napoli. Io e mio fratello appessi alla ringhiera gli facevamo sempre ciao ciao con la mano.

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