Miracolo a Milano

5 June 2010

Io mi dicevo. Per una che ha letto tutto Dino Buzzati dai 13 ai 15 anni è impossibile non farsi piacere Milano. Le guglie d’oro che alzano le loro spade agli ultimi raggi del sole, le speranze che scendono dal settentrione, le vie dove dicono si possa incontrare la fortuna e fatti così. Voglio dire, per Milano per me prima di tutto è stato questo e solo dopo, molto dopo, un posto dove tutti andavano a lavorare con trolley colorati e più o meno vaghe nostalgie di pizze, mandolini e vir o mar quant è bell.

Eppure io il primo giorno vedevo solo gente che ti spingeva, parlava di lavoro mentre mangiava, parlava di lavoro mentre era in metro, parlava di lavoro appena te la presentano senza nemmeno chiederti “scusa, ma tu chi sei, che fai qua ecc ecc”.

Eppure poi è bastato poco, un monolocale colorato con vista sui tetti, salire sul tetto del duomo, tra le suddette guglie e guardare la gente dall’alto in giù milioni di formichine e immaginare di buttare un sasso per vedere se poi si muoverebbero come l’acqua nello stagno.

Un, due, tre aperitivi in posti con divanetti bianchi e stand di cuochi indiani con guanti in lattice. E poi andarsi a bere una birra sedute per terra alle colonne di San Lorenzo per far finta di essere come saremmo con dieci anni in meno a Milano. Quando un divanetto bianco ci avrebbe provocato un moto d’orrore.

Una gita fuori porta a Vigevano scoprire che c’è un centro storico con i vicoletti e le trattorie a dieci euro a persona e una piazza dove prendere il caffè al sole a mezz’ora di treno.

E poi andare a farsi fare le sopracciglia a Brownie Bar dove ti prendono le misure della faccia e ti fanno i segni col gessetto come nei programmi di Discover Real Time dove fanno diventare bellissime tutte le peggio cesse.

Mangiare muffin sui gradini di casa e visualizzarsi dall’altro lato del marciapiedi come in un quadro d Hopper

E a un certo punto il cielo di Milano è cominciato a diventare azzurrissimo, di un azzurro quasi prepotente, con le nuvole rosa al tramonto. Addirittura si dice che alcune strade odorassero di gelsomini e fiori d’arancia e una felicità lieve sorprese tutti.

Tutti si tolsero le scarpe per stendersi sul prato di Piazza Sempione per guardare i modelli olandesi che giocavano a pallone per poi prendersi uno spritz e sentirsi come in just a perfect day drinking sangria in the park.

Si dice che a Milano non ci fosse mai stata una brezza serale che rinfrescasse gli animi come quella sera.

Pare che non si sia mai visto un napoletano salire sull’Eurostar del venerdì sera tanto di malvoglia.

Ma poi il treno l’ho preso (e seduta accanto al finestrino, vide passare l’italia ai suoi piedi ecc ecc).

Mo’ è il momento di quando uno dice. Poi si vede. Ma ora è solo sabato mattina e fuori c’è il sole e le cigas sul terrazzo sono tutte fiorite. In lontanza il mare luccica. Ci penserò lunedì.

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