Antivigilia

25 December 2010

Già me la stavo gustando la sera prima della vigilia. Il giorno più allegro. Quando spegni il computer al lavoro, dai due baci sulle guance a tutti quanti e esci col panettone sotto braccio per tornare a casa. Tornano tutti quanti a casa, la sera del 23 dicembre, la Tav sforna vagonate di milanesi, gli aerei fanno atterrare chi ora su Facebook scrive in un’atra lingua. Anche chi è rimasto qua la sera del 23 esce per incontrare chi è tornato. Si è allegri, la sera dell’antivigilia, ancora non c’è la tavola imbandita attorno a cui fare i conti con sedie vuote, domande delle zie, malinconie del pomeriggio quando anche l’ultimo pandoro è stato aperto e in cucina resta una catasta di piatti sporchi.

Ho mandato un bacio al barista, augurato buon Natale al giornalaio sotto il campanile e preso la funicolare delle sei. Computer sule spalle, borsa a tracolla,, un borsone di regali in una mano una busta con l’olio e i panettone nell’altra. La nave delle sei e mezza mi avrebbe riportato a casa, con papà ad aspettarmi al porto. C’è vento, gli aliscafi non partono, ma la nave parte sempre. Quasi sempre. La signorina della biglietteria ci informa che “no, la nave non c’è. Ha avuto un incidente ed è in riparazione”. D’estate Capri Sorrento è un tratto che alcuni fanno a nuoto, dal porto si vedono le luci di Massa Lubrense. Ma non c’è niente che stasera posso attraversare il mare nero. “Ok, niente serata al wine-bar, prendiamola zen, tra un’ora e mezza c’è la nave che va a Napoli, prendo quella, almeno sarò sulla terraferma”. No, non c’è neanche la nave per Napoli. Alcatraz. Altro che Capri. Non c’è niente che possa attraversare le acque e portarti verso un brindisi qualsiasi, un sorriso di qualcuno a cui vuoi bene. La prossima nave partirà domani mattina.

Non ti resta che risalire con la funicolare riportando indietro olio, panettone, regali e baci sule guance non dati. Suvvia, è solo un per un giorno, mi dico, e mica è proprio la vigilia. Ma io sono una tipa abitudinaria e già quest’anno sono cambiate tante cose e vorrei che almeno nella feste nulla cambiasse. E penso che meno male che domani sera nulla cambierà: la casa di mia nonna puzzerà sempre di baccalà fritto, io e le mie cugine trentenni saremo sempre sedute al tavolino dei bimbi e mia cugina, ventuno anni, porterà sempre il bambinello nel presepe come più piccola della famiglia.

Intanto mi porto dietro i ragazzi argentini “vamos a comer una pizza”. Non li posso mica lasciare sotto la pioggia del porto. E il senso di questa vigilia nella vigilia lo trovo nel brindisi con la birra con questi ragazzi che da un mese sono in un giro per l’Europa e domani ripartono per la Francia. Che il mio nome manco lo sanno pronunciare perché c’è la doppia elle e domande con cui fare i conti non me ne fanno. Con cui parlo una lingua di cui ormai ricordo 4-5 parole a sforzo ma che mi ricorda di una primavera perfetta tra le terrazze assolate del quartiere arabo e l’Alhambra rossa di fronte e un tinto de verano para mi, por favore. E non esisteva spazio per le domande. Dopo si vedrà.

La mattina dopo si torna a casa in un traghetto di facce stanche e tirate di chi ha passato la notte su chissà quale divano, sui sediolini di una macchina, peggio di tutto sullla sedia della nave.
Ma è la vigilia di Natale e si torna a casa. E allora non si può fare a meno di sorridere un po’.
Buon Natale a tutti, e che sia sempre vigilia di cose belle che verranno e regali ancora da scartare.

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