Quel tramonto che era una promessa e invece era un tramonto

31 May 2011

Quando la sera faccio fatica a prendere sonno anche davanti a un documentario di Discovery Channel sul sistema solare.

Quando mi sveglio alle 4 e 28 e non riesco più a dormire.  Gira che ti rigira, il primo treno che passa, perché non dormo? (e poi durante il giorno mi ricordo che ho fatto ancora quel sogno)

Quando di giorno mille piccole ansie riempiono il bicchiere fino all’orlo e allora mi blocco con lo sguardo in alto a sinistra fisso sui 30 centimetri di cielo che si vedono sopra la tendina. (prima arriva l’ansia, poi cerco la motivazione, mille piccole motivazioni irragionevoli)

E allora penso a quel tramonto. Il tramonto di un giorno in cui tutto sembrava più facile.

Era una di quelle domeniche di aprile (il più crudele dei mesi) e l’estate era solo una vaga e profumata promessa (e non un afosa e opprimente realtà che sale lenta dall’asfalto).

Me ne stavo seduta sul muretto di un fortino, le gambe penzoloni sul dirupo. Intorno le ginestre, sotto il mare azzurrissimo. Sopra le scie dei gabbiani (“chissà cosa si prova ad essere un gabbiano”), al lato il faro che man mano che il sole tramontava diventava sempre più arancione. E poi, come una cupola che sovrastava tutto. Il silenzio delle favole antiche dove si visse insieme senza saperlo.

Calma arancione. La notte, quella domenica sera in cui tutto era promessa e invece il meglio era già venuto (e non ho saputo tenerlo dentro me?), non sarebbe mai venuta.

E allora in quei momenti penso a quel tramonto morbido come può essere morbido solo il guanciale del letto dove dormivi da bambino. Ed l’ossigeno che odora di iodio arriva ancora ai polmoni.

Le isole creano dipendenza. Questa è una delle cose che ho imparato quest’inverno.

×