Un’isola. Ancora.

29 August 2011

A Ventotene ci arrivi per caso, si decide il giorno prima per il giorno dopo. Non hai tempo di spulciare tutta la classifica di trip advisor prima di prenotare, di chiederti quali sono i ristoranti migliori, cosa è meglio portarsi, quali sono i locali di tendenza. Manco si prenota, a dire il vero. Hai il tempo giusto di tornare da mare e infilare quattro costumi, quattro copricostume, quattro abitini nel trolley piccolo, quello di Hello Kitty, quello che viene con te da dieci anni. Nel treno ti colleghi un po’ a wikipedia, giusto per scoprire che è un’isola di origine vulcanica, casomai sentissimo la mancanza di un’isola di origine vulcanica, e che è grande un chilometro quadrato e mezzo. Cioè niente. Un decimo di Capri. Vai su Google Maps e scopri che si sono 3 strade in croce. Tre di numero. E un faro, ovviamente. Dolce rassicurazione. C’è una piazza con i bambini che corrono, un bar, quattro cinque ristoranti, una spiaggia. Niente imbarazzo della scelta. Niente consultazioni frenetiche di social network e review per decidere cosa fare dove andare a mangiare dove prendere l’aperitivo.

Ma poi scopri che al bar in piazza vicino al Campari Spritz ti portano l’impepata di cozze. E questo basterebbe a farlo diventare il mio luogo preferito di tutti nel mondo. Il giro in barca dell’isola a farlo veloce ci vuole mezz’ora. Ma qua si va lenti e ci si mettono quattro ore perché ci si ferma in ogni caletta a fare il bagno. Il marinaio ci indica i resti di una villa romana e ci dice: “Quello poi i romani dovevano tornare, ma poi è caduto l’impero e non sono più tornati”. E non avrei voluto spiegazione migliore.

Se Capri è uno scoglio questo è un sassolino dove ti raggomitoli. All’orizzonte non si vede terraferma, solo Ischia, lontano lontano. Più in là, se stringi gli occhi, quasi confuso nella nebbia dell’orizzonte, ecco lo scoglio che quasi, quasi, mi sento di chiamare casa. Le cicale si sfiniscono come se cantando più forte potessero trattenere l’estate. L’odore del finocchietto è fortissimo e quasi mi fa girare la testa. Per strada non ci sono lampioni. E le stelle sono milioni di milioni e vicinissime. Si vede anche la Via Lattea come solo in certe sere lontane nel Cilento. Il cellulare ha poche tacchette, non ce la fa a caricare l’applicazione Stellarium che mi dica che stelle sono. Non fa niente. Alzo il naso e le guardo. E che vuoi che sia un nome? Una stella è una stella è una stella.

E’ il tramonto dell’estate. E’ il lasciarsi sospesi, ancora un po’, solo un po’. Sono lunghi pomeriggi d’azzurro ad ingannarci. Ma tanto è agosto e l’estate sta finendo. La saluti frettolosamente davanti alla biglietteria della Circumvesuviana. Il treno sta per partire. Le luci delle case degli altri che scorrono fuori al finestrino si illuminano già d’autunno.

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