La solitudine dei numeri 0

15 October 2011

L’altro giorno mi è capitato di passare una giornata in ufficio da sola.  E’ stata una giornata mooolto lunga. E mi è venuto in mente di quando, per un periodo di tempo, all’ente parastatale A. un posto dove lavoravo senza capire cosa facessi e cosa facessero loro, mi misero nella stanza da sola. Sapete, a volte nelle stanze da soli si mettono le persone importanti, quelli che hanno bisogno di ricevere gente in discrezione. Ma a me mi piazzarono là dentro perché avevano paura che io potessi contagiare gli altri con i miei atteggiamenti insurrezionalisti. Tipo non abbassare riverentemente il capo al passaggio del capo e indossare gonne sopra al ginocchio, spesso e volentieri senza collant.

Odiavo stare da sola. A volte dagli uffici al di là del corridoio con le pareti divisorie di plastica bianca si sentiva l’eco di una risata, ma il tempo di arrivarci e avevano già smesso di ridere.  Era il 2006, Facebook c’era solo nelle università americane e in ogni caso tanto sarebbe stato bloccato. Bloccarono Msn, voci di corridoio dicono dopo che il capo, anzi, il dottor P, come lo chiamavano tutti con rispetto, mi aveva visto scrivere in una finestra che non gli sembrava word. Per punizione ebbi una lista di centinaia di chiamate da fare tipo call center. Episodi che ti segnano, tipo la macchinetta per i denti messa da adolescente. Episodi che mi dovrebbero far  baciare i gradini di Via Le Bottheghe 10a ogni santa mattina.

E così, mentre mi complimentavo con me stessa per essere sopravvissuta, mi capita di leggere un articolo su come sia più bello e figo essere free-lance rispetto a essere dipendenti. Non avere orari, lavorare a casa in mutande, gestire il proprio tempo, mettersi col computer nel parco di mercoledì mattina.  Bah, la mia ex-capa dell’A. diceva sempre che io avevo l’animo della free-lance. Ma solo perché mi rifiutavo di chiedere il permesso per uscire dall’ufficio per andare a comprare le sigarette. E lavorare in mutande davanti al computer mi farebbe venire la depressione dopo 2 giorni e un quarto d’ora.Garantito al limone. E poi ho troppi vestiti per lavorare da casa. E avrei troppe poche scuse per comprarmi vestiti nuovi. E odierei vivere con i pantaloni della tuta tutto il giorno tipo concorrente di Amici di Maria.

(Una cosa positiva della mia giornata in ufficio comunque c’è stata. Per un’intera giornata abbiamo evitato Radio Paradise e ho potuto mettermi tutta la musica più tamarra che volevo senza che alle 3 del pomeriggio dalle casse scendesse puntuale Mad World nella versione di Gary Julius che è quella che sta in tutte i momenti più tristi di tutte le serie americane tipo quando a Grey’s Anatomy muore qualche bambino e piove su Seattle mentre Meredith esce dalle porte automatiche inquadrata di spalle.  Me la sono messa da sola alle 3.15)

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