Milano – Capri. Andata e (soprattutto) ritorno.

4 November 2011

Arrivo in Piazza Duomo verso le sei di sera, venendo da San Babila. E un attimo e mi sento sento subito come in un racconto di Buzzati. In QUEL racconto di Buzzati. Quando dice:

Vorrei pure – lasciami dire – vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di sé una specie di musica.

Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo. Ma tu – lo capisco bene – invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall’estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni. Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi”.

L’ho pensato proprio tale e quale a come l’ho copiato e incollato qua sopra perché è roba che ho imparato a memoria a 13 anni e quindi non me la scordo più.  Avete presente quando avete 13 anni e ad un certo punto vi capita di leggere qualcosa e sentire precisa la sensazione che era proprio quello che sentivate ma non sapevate esprimere?  Ecco, così.  Dite che voi a 13 anni vi facevate le pugnette pensando alle ragazze di Non è la Rai? Va beh, è uguale, avete capito.

Comunque non volevo parlare di Buzzati, però è che mi parte automatico, arrivo a Milano, parlo di Milano ed è subito Dino Buzzati. Comunque, la seconda cosa che ho pensato dopo aver pensato alle statue d’oro sulle guglie e la sorte orgogliosa  e menate varie è stato. “Ma che ci faccio ‘ncopp a chill scuoglio?”  Qua c’è la gente, i negozi, le cose da fare. Le Cose da Fare a Parte Contemplare il Mare in Tempesta al Faro Sentendoti Grande e Infelice. Cioè, ho 30 anni (cioè 31, ma è uguale) ,  e questo è il posto giusto per avere 30 anni (anche 31). Capri (d’inverno) è il posto giusto per avere 81 anni, voglio dire. Poi dopo ho visto i miei amichetti che lavorano a Milano e le loro facce distrutte delle sei di sera e ho pensato che “nooo, poi qua si lavora troppo. O quantomeno, troppo seriamente. E la brioche col gelato fa schifo. E considerato il panzarotto di Luini il massimo della bontà”.

Poi sono bastati 3 giorni a Milano per trovare un’altro valido motivo per non andare a vivere a Milano.  E’ faticosa come città. Ogni fatto devi prenotare. Per ogni cosa devi fare la fila. Ti devi organizzare. Ora voi lo sapete, io sono una tipa lievemente ansiosa (ma solo lievemente eh),  ma prenotare il brunch della domenica di lunedì è un po’ troppo anche per me.

A Milano poi è successo che io mi sentivo molto sedicenne e volevo a forza andare a ballare con i pantaloncini di jeans corti e gli occhi bistrati di nero. (sempre perché sono una ragazza di provincia affamata di esperienze metropolitane tipo, appunto, il brunch da California Bakery). Ero un poco triste per non essermi portata dietro tutù, coroncine, guantini di pizzo, pantacollant di pelle e addobbi vari riutilizzabili come maschera di Halloween, ma ho anche pensato che un trucco pesante sarebbe stato sufficiente. E invece quello le ragazze di Milano erano tutte superpreparatissime con piume, merletti, trine, capellini, trucchi hollywoodiani. Io al massimo potevo sembrare vestita da Camy from the Block. Beh, però in quel momento, in mezzo alla fila, non mi sono sentita inadeguata, non potevo mettermi a paragone con loro, venivo da un altra dimensione.

Poi siamo tornati da Milano e a me come il solito nel Freccia Rossa del ritorno mi ha preso la più classica delle depressioni dei treni del ritorno da Milano e poi dopo abbiamo anche preso il traghetto che ci mette un’ora e mezza per farsi Napoli Capri e sembrava Aitanic e in cielo si vedeva solo Giove e le le luci lontane della penisola sorrentina e mare nero. E poi sono tornata a casa e nel frigo non c’erano manco le uova per la frittatina. Allora ho caricato la lavatrice e mi sono andata a fare una pizza.

(dite la verità, questo non vi sembra un finale alla Carver?)

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