Cinque minuti di anticipo.

5 November 2011

“Perché forse non si ama veramente se non nell’attesa”. Disse una volta il mio prof di filosofia al liceo.  Io annui distratta dall’ultimo banco, ero molto innamorata, molto infelice e aspettavo molto, spesso invano. (riconoscere il suono del suo motorino sotto la mia finestra, sapreste riconoscere oggi il rumore di un motorino?).

L’amore nell’attesa. Ammettiamo che lo state aspettando nell’angolo tra Via Roma e Via Chiaia. Un po’ vi sentite come nella canzone di Ornella Vanoni, amore fai presto, se tu non arrivi io non esisto, d’altra parte un po’ vi piace succhiarvi questi minuti di attesa. Non sapete da che direzione arriverà.  Un po’ scrutate le facce delle persone che tracimano da Via Roma, un po’ le ombre lunghe di Piazza Plebiscito,   poi vi girate e vi concentrate sui piumoni della Bassetti. “Se mi trova che guardo le vetrine sembrerò più tranquilla e rilassata, rispetto a che se mi trova che mi alzo sulle punte dei piedi in attesa di vederlo spuntare tra la folla”.

L’amore per l’attesa. L’altro giorno a un convegno presentavano un progetto sulla valorizzazione e lo sfruttamento dei luoghi d’attesa.  Spazi per eliminare la frustrazione dell’attesa.  Però a me l’attesa serve: serve a transitarmi tra il prima e il dopo, cinque minuti in cui mi preparo a quello che verrà, che penso a quello che è stato prima.  Per questo arrivo sempre cinque minuti prima.

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