Piccoli pensieri salati

15 January 2012

Non  andrei mai a fare una crociera. Mi fanno impressione le crociere. Ogni volta che arrivo con l’aliscafo al porto di Napoli passiamo sotto qualche bestione di quelli. Alzo il naso e vedo file e file di balconcini e finestrelle. Minuscoli e tutti uguali. Un alveare. Un carcere galleggiante. D’estate a Capri li incontro sempre. Miglia di loro incolonnati per fare la fila alla funicolare con l’adesivo in petto del loro gurppo, la ricetrasmittente appesa al collo, l’auricolare nelle orecchie. La guidaparla dal microfono e dice loro dove devono girarsi e dove devono guardare. Io immagino sempre che ad un certo punto gli dica “E ora sparate alla ragazza bionda”. Loro si girano e bang bang. Tipo film di Tarantino.

In genere sembrano tutti usciti dalla casa di riposo del nonno dei Simpson ma spesso ci sono anche ragazzi, coppie giovani. Allora gli vorrei togliere l’auricolare e dirgli “guarda che sei a Capri, mica a Kabul (ma se pure fossse), puoi scegliere tu da che parte guardare”.

(i buffet continui, i giochi, la cena col capitano, stare lì rinchiuso, pur se in uno spazio enorme, con miglia di persone).

Non andrei mai a fare una crociera perché per me l’acqua salata è lavoro e fatica. E’ mio padre che io vado alle elementari che lui scende da Rotterdam a Città del Capo e può telefonare solo alle Canarie. Sono immense navi mercantili piene di container, sale macchine rumorose, tute sporche di grasso. Paesi interi di vita da tagliare e ricucire, tagliare e ricucire ogni volta. Sei mesi a bordo, due mesi a terra e poi di nuovo. Cerchi lavoro, non lo trovi, ti imbarchi. E da quando hanno inventato il boom delle crociere via anche le mie amiche. Sui grandi alveari servono api regine che mettano in colonna i gruppi e li contino quando scendono dalla nave, quando si mettono nel pullman quando tornano sulla nave. Nessuna si deve perdere, a pochi deve venire la fantasia di vedere un posto con gli occhi loro. Girando la testa dove gira il vento.

Non andrei mai a fare una crociera perché io già ci passo troppo tempo sull’acqua salata. Le telefonate alla capitaneria nelle giornate di vento: “Partono gli aliscafi?”. I pomeriggi di vento teso giù Marina Grande, i vecchi in piazza che guardano dall’alto le manovre e commentano. I giorni d’estate quando comunque il mare è un po’ agitato e impari a non sederti vicino ai giapponesi perché vomitano subito. E questa insana abitudine di tutti gli stranieri di bere cappuccino a qualsiasi ora.

Non andrei mai a fare una crociera perché chi vive sulla verticalità di questa costa, tra questi paesi sospesi a picco sul mare orizzontale, del mare ha timore e rispetto. E’ un mare dove dopo un metro dalla riva non tocchi più. Subito profondo e scuro. Dove spesso per farti il bagno ti devi tuffare e risalire arrampicandoti sugli scogli.  Un mare dove ti porti dietro da quando sei piccolo i lividi e tagli di quando all’improvviso un’onda più forte delle altre ti sbatte sullo scoglio. Un mare di cui non si ha paura, ma rispetto.

Sono in pochi ad andare a farsi la crociera, da queste parti, nonostante costi sempre meno. Ma tutti hanno un padre, un fratello, uno zio che ci lavora sopra. Tutti vanno al porto a vedere la nave da crociera che passa con tutte le luci illuminate e suona per salutare la moglie del comandante che sta a terra. Ma in pochi, tra quelli che conosco, viene in mente di andare a divertirsi su una nave.

(Due giorni fa qua si è fatta una festa per festeggiare il ritorno a casa di un ragazzo che era stato undici mesi in mano ai pirati.  Quanti di voi sanno che una nave italiano con 5 italiani a bordo è stata in mano ai pirati per undici mesi undici? Quanti di voi sanno che i pirati esistono ancora?)

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