Appunti da una primavera svedese

3 May 2012

Quello il fatto della Svezia andò così. Eravamo a Pasqua e pioveva molto. Poi una sera che pioveva un po’ di meno io decisi di uscire con le scarpette rosse col tacco alto. Roba serissima. Per uscire con uno che si era guadagnato il Primo Appuntamento con i punti della Tessera Fedeltà come Miglior Commentatore di Questo Blog dal 2005 ad oggi. Roba che sulla tessera di Frequent Flyer tiene meno punti. E stiamo parlando di uno che nell’ultimo anno ha preso 75 voli.

E comunque io ero un po’ agitata perché erano tipo duemila anni che non uscivo con uno nuovo. Cioè serio, io non uscivo con uno nuovo dal 2006. Fidanzati virtuali a parte. Ma darsi appuntamento il venerdì sera su FB Messanger non vale. E capirete, non mi ricordavo come funzionassero queste faccende del primo appuntamento, il primo bacio ecc ecc Ma per fortuna nella vita mia mi sono vista abbastanza puntate di Sex and City e letto abbastanza chick-lit per avere una certa cognizione di come funzionasse la faccenda. Pure se stiamo in provincia di Napoli, mica a Manhattan, eh.

Beh, comunque ci sono uscita, lui mi ha richiamato, io ci sono riuscita e poi è uscito il sole. E in un giorno di sole perfetto come solo certi giornate di sole sanno essere perfette qui in mezzo al Mediterraneo mi sono trovata con un mazzo di girasoli sulla scrivania e un biglietto per Stoccolma nella casella email.

[“Perché non è che io mica mi potevo mai trovare un bel guagliono di paese, no, io mi dovevo trovare uno Svedese (Che Però è di Giugliano)” – direbbe mia mamma – dice mia mamma]

E quindi, sabato scorso che fu, misi 4 vestitielli semi-primaverili e un cappotto nel trolley di Hello Kitty e me ne andai a vedere come era questa primavera svedese.

La prima cosa che voglio dire di questo viaggio a Stoccolma è che la cosa più bella è stata avere qualcuno che ti aspetta all’aeroporto. Avete presente la scena finale di Love Actually? Quella che tutti si abbracciano all’aeroporto? Ecco. Io quando la vedo piango sempre. Sempre. E se è per questo mi commuovo ogni volta che vedo due che si abbracciano all’aeroporto. E io invece ogni volta da tipo molti troppi anni ho attraversato la hall degli arrivi trascinandomi trolley sempre troppo pesanti fino all’autobus. Con i lucciconi dietro gli occhiali da sole.

Ad Arlanda no. Ero io quella che gli altri trascinatori di trolley guardavano con benevola invidia perché c’era qualcuno ad abbracciarmi nella hall degli arrivi.

Usciti all’aria aperta io mi aspettavo di dover subito cacciare il cappotto dal trolley. Non dico che mi aspettassi lo stesso impatto di quando arrivai ad Helsinki un pomeriggio di gennaio (-3 minuti alla morte per assideramento se non ti infili subito nel taxi), ma voglio dire, siamo pur sempre in Scandinavia. E invece per 3 giorni me ne sono andata girando mattina e sera col trench da primavera a Capri. Manco la soddisfazione di dire “Non mi sono portata il cappotto per senza niente”.

Quello in realtà, io ne sono sicura, lo Svedese (che però è di Giugliano) ha fatto un accordo con l’Azienda Autonoma di Cura, Soggiorno e Turismo di Stoccolma per farmi vedere la città al suo massimo fulgore.

In occasione della mia venuta la temperatura media della città è stata livellata su un piacevolissimo 15 gradi secchi, il cielo è stato spazzato da ogni nuvola, i prati dipinti di verde smerlando, le orchestre e i cori posizionati nei luoghi strategici della città.

Lunghi tramonti rosa e violetta sono stati appositamente commissionati per rendere le sere dolci e lunghe, albe smaglianti e precoci sono state fatte spuntare ai lati dell’autostrada che porta all’aereo del ritorno per ricordarmi che eravamo solo all’inizio.

E i ciliegi sono stati fatti fiorire. I delicati e teneri fiori di ciliegio che fioriscono una settimana all’anno. Una sola settimana all’anno nel giardino del re denominato (e cui copio e incollo) Kunsgträdgården.  Una settimana che nessuno può prevedere quando sarà. Quattro file di ciliegi che, in quel tempo sempre troppo fuggevole della fioritura, creano una cupola rosa sopra le persone che ci camminano sotto e non posso fare a meno di sorridere.

Di sorridere alla primavera, la primavera che viene senza bussare, all’inverno che è passato, all’inverno passato e freddo come sanno essere freddi solo certi inverni su certe isole, che è passato. Un’effimera cattedrale innalzata alla speranza e al tempo bello che viene.
(Ma c’è forse qualcosa di meno effimero della speranza?)

Una cattedrale fatta apposta per perdonare se stessi con un bacio, abbracciare giacche, spiegarsi il tempo nuovo che arriva (con te). E intanto un po’ più in là c’è l’orchestra che suona fili d’erba (e fisarmoniche).

Fuochi sono stati accessi sulle rive del fiume che va a tuffarsi nel mar baltico: fuochi dove si incendia l’inverno e si dà il bentornato alla luce che torna.
(che poi qualcuno mi dovrà spiegare perché in un mese che ha almeno 4 mesi con pochissime ore di buio non ci sono le tapparelle alle finestre e alle cinque di mattina ti trovi la stanza inondata di luce manco fosse mezzogiorno al Sud Italia e devi metterti la mascherina).

Candele sono state accese sui tavoli di ristoranti senza tovaglie.
(che poi qualcuno me la dovrà spiegare questa avversione dei paesi nordici per le tovaglie).

Copertine da picnic sono state stese sopra prati verdi e cieli azzurri colorati coi pennarelli grossi pescati dalla scatola Giotto.

E il resto sono foto dove a metterle in fila una dietro l’altra mi guardo e mi rendo conto che ho la faccia davvero felice.

E niente, con questo dichiariamo ufficialmente chiuso il Grande Concorso “Un Fidanzato per Camilla”.

(e al primo che mi commenta che ora di sicuro non scriverò più post divertenti, gli auguro la sciordarella durante un colloquio di lavoro)

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