Le vite degli altri e una vita in troppi luoghi

2 August 2012

Capri – Alle tre del pomeriggio di una domenica di fine luglio il sole comincia lento la sua parabola verso il mare.  L’acqua si comincia a colorare di luccichii dorati.  Quando ero piccola pensavo che a farsi il bagno in quei luccichii ci si scottava. Sul mare luccicante ci siamo lanciati, stesi su un materassino da attaccare alla boa e starsene là a sonnecchiare sotto il sole. Ci siamo appena da tavola, satolli di vino con le percoche e limoncello e frutti di mare. Abbiamo mangiato con una famiglia di americani sbarcata da qualche yatch faraonico di quelli lì al largo e arrivata con tender guidati da marinai in polo bianca pulitissima. Ci chiediamo chissà com’è ad essere ricchi. Poi pensiamo che in fondo oggi stiamo facendo la stessa vita. E per un pomeriggio siamo ricchi come loro.

Chiaiano – Alle sette del pomeriggio di un venerdì di fine luglio il sole lancia ombre lunghe ai lati della Circumvallazione esterna.  Ombre lunghe sulla fila di hotel ad ore, concessionaria auto, villa per matrimoni, bar. E di nuovo. Hotel ad ore, concessionaria auto, villa per matrimoni, bar. I guaglionastri girano sui motorini.

La sera scende e il cielo si colora di rosso diossina. Torniamo a casa e ceniamo sul tavolo fuori al balcone. Lontano i soliti inutili fuochi. La signora affianco ci spia ed sarà convinta che “quello che stava fuori” è tornata per sposarsi e vivere lì nell’appartamento alla periferia nord. E noi lì a chiederci come sarebbe una vita affacciata su quegli altri balconi. Ben consapevoli che non sarà mai la nostra.

Stoccolma – Alle sei del pomeriggio di un mercoledì di inizio agosto il sole ancora alto in cielo illumina di morbidezza il sobborgo residenziale della buona borghesia svedese. Bambini biondi trottolano sui prati, mamme bionde a piedi nudi li rincorrono. L’asfalto ha un aspetto decisamente più pulito del pavimento del nostro bagno. Intorno silenzio perfetto di prati. E’ uno di quegli idilli svedesi da dove immagini che a bello e buono possa spuntare lo psycho killer che uccide tutti.

Casette dai colori pastello, macchine pulite parcheggiate nei vialetti d’ingresso. Il sogno americano servito con polpette e salsa di mirtilli.

L’invito a cena era per le sei in punto, sul patio il tavolo è già apparecchiato. In giardino il barbeque è già caldo. Il bambino biondo saluta gli ospiti e viene messo a dormire. Lui ogni sera va a dormire alla sette in punto. Anche quando il sole è ancora alto nel cielo. La cena è 1) fetta di carne 1) insalata 1) una pannocchia 1) lattina di birra. Però potevi scegliere tra tre diverse tipi di salse. Il padrone di casa ci indica dove sederci. Su un tavolo da 4 posti. Dopo cena si entra all’interno perché fa freddino, sul tavolo si accendono due candele e due barattoli di gelato hagen daz vengono messi al centro tavolo insieme al caffè. Il caffè col gelato capisco che è un grande classico del dopocena. Dopo cena, in quanto coppie di trentenni white, giochiamo al gioco da tavolo divertendoci educatamente, ma senza esagerare. Il mio fidanzato svedese che però e di Chiaiano mi traduce le domande dallo svedese all’inglese. Io rispondo in italiano tanto loro si fidano che non li imbrogliamo.  Al quinto tiro di dado ho un’intesa voglia di negroni e sigaretta. Un negroni sbagliato e una camel light, subito ora. Bevo con garbo il mio caffè.

Alle 10 di sera educatamente ci concediamo perché è tardi. Fuori una luna grande e tonda. Dietro i finestrini della macchina per un quarto d’ora scorrono villette e giardini prima di incontrare il primo supermercato. Dentro scorrono i nostri pensieri su come sarebbe trasferirsi qui e diventare la perfetta coppia svedese mediamente benestante.

“Allora tesoro, ti piacerebbe vivere in questo quartiere?”

“Tesò, #lamorte”

×