Un giorno in Danimarca

16 October 2012

La Danimarca.  Vediamo, cosa sappiamo della Danimarca? Allora, la Danimarca è dove stava Amleto e sappiamo che Amleto è il principe di Danimarca perché ad un certo punto dice “c’è del marcio in Danimarca”.  Poi provate a fare uno sforzo e sicuramente vi verranno in mente le scatole di biscotti danesi al burro. Sì, quelle scatole blu con la casetta nella campagna che poi le aprivi e dentro non c’erano mai i biscotti, ma solo bottoni. O rocchetti di cotone. La Danimarca. Sicuramente sappiamo che la capitale della Danimarca è Copenaghen e sicuramente sappiamo che la cosa più famosa di Copenaghen è la Sirenetta. I più fricchettoni di voi sicuramente sapranno che c’è Christiania, la comunità hippy autogestita dove il fumo si vende sulle bancarelle in mezzo alla strada meglio che ad Amsterdam.


Poi un’altra cosa importante, che sicuramente non saprete, è in Danimarca l’alcool non è monopolio di stato, come invece nel resto della Scandinavia. E quindi puoi anche uscire e ordinare una bottiglia di vino al ristorante senza rischiare di superare il massimale della carta di credito. Per questa sua caratterista essa è una meta molto ambita dagli svedesi per i weekend. D’altra parte, tra Malmo, l’ultima città a sud della Svezia, e Copenaghen, c’è solo un quarto d’ora di treno. Noi di ore di treno ce ne facciamo cinque. Partiamo il venerdì pomeriggio da Stoccolma direzione sud.

Il treno scorre tra boschi di foglie gialle, laghi e paesini di casette di legno colorate. Ad ogni paesino sperso in mezzo alla Svezia lo Svedese fa: “Ti immagini a vivere qua?” E io gli confesso che in fondo il sogno di una villetta colorata di legno sulla riva del lago mi tenta non poco. Lui afferma che non abiterà mai in un posto dove ci siano meno di 5 ristoranti e 8 bar raggiungibili a piedi. Io gli dico “ok, ma quando sarò anziana voglio la casa in campagna”, lui mi dice “ok, ma non in Italia”, io gli dico “quando sarò vecchia voglio accendere la tv e sentir parlare in italiano”, lui mi dice “darling, quando sarai vecchia la tv non esisterà più. E comunque al massimo ti posso concedere la Toscana ”-“Ma che amma fa con ‘sta Toscana, io voglio la villa a Capri!” e così via fin quando il sole tramontando sul lago ci zittisce di bellezza.  E poi ad un certo punto il treno si inabissa in un tunnel ed esce correndo a pelo d’acqua. Siamo su mare, sul canale dell’Orebrun, sul ponte che separa Svezia e Danimarca. Dopo un quarto d’ora siamo in un’altra nazione.

La prima cosa che noto di Copenaghen è che è buia. Cioè buia nel senso che per strada non ci sono luci, solo lampioni bassi e fiochi. La seconda cosa che noto di Copenaghen è che il danese proprio una lingua brutta, tutti suoni gutturali. Infatti mi dicono che i bambini danesi sono quelli che imparano a parlare più tardi per via della difficoltà a pronunciare i suoni della lingua. In ogni caso noto con gioia che l’albergo ha dei veri piumini danesi, morbidi e soufflosi, anche se con letti gemelli rigorosamente divisi e ad ognuno il suo piumino. Giusto. L’amore è l’amore, il sonno è il sonno. Bene.

Ok, andiamo a mangiare in un posto dove per leggere il menù devo accendere la torcia dell’iPhone, ma questi danesi mi sembrano più sorridenti degli svedesi, si vestono meglio e la birra costa 4 euro. Mi comincia a piacere questo posto.
Il giorno dopo ci svegliamo col più classico dei cieli grigi scandinavi e io comincio a menarla dalle 8 e 30 di mattina con 1) Andiamo a vedere la Sirenetta? 2) Andiamo a Christiania? E lo Svedese “Ma dai darling, a Copenaghen ci sono cose molto più interessanti della Sirenetta, è una statuina sullo scoglio, che devi fare, ti vedi la foto è uguale!” – “Ma dai honey, a Christania ci sono andato, stanno tutti drogati, puzza di pipì, è brutto”.

Dopo colazione [pancake, uova strapazzate, bacon, salmone, pane e burro, aranciata] ci incamminiamo in direzione della Sirenetta. La Sirenetta è effettivamente una statuetta su uno scoglio, ma che ci volete fare io sono una ragazza sensibile a queste cose. E poi voglio dire, tu Svedese, mi hai consegnato un Tiffany davanti alla statuetta di Peter Pan ai Giardini di Kensigton, mo’ perché devi schifare la Sirenetta al porto di Copenaghen? Voglio dire.


Beh, comunque, io ero tanto entusiasta di questa Sirenetta che mi sono messa a zompettiare sugli scogli per farmi la foto e vrump, ho preso una sonora scivolata finendo col sedere a terra sotto lo sguardo di circa cinquanta macchine fotografiche. Mo’ sicuro sto da qualche parte su youtube. Forse tra dieci anni mi rivedrò in uno di quei filmati di cadute a loop di paperissima. Ma comunque. Comunque non mi sono fatta niente, mi rialzo e mi faccio circa 252 foto davanti alla Sirenetta. “Ok, bella la Sirenetta. Andiamo a Christiania?
Ok, allora. Io a Christiania ci volevo tanto andare quando avevo 20 anni e i capelli blu. Pure quando ne avevo 21 e la frangetta corta alla Amelie. Ci volevo molto andare quando portavo calzerotti di lana grezza a strisce colorate e provavo a darmi un’aria da punkabestia sembrando al massimo una punkabestia di provincia.

Ecco, sì, la verità è che io facevo tutta la punkabestia però poi mi sentivo le canzoni di Nicolò Fabi e manco ad Amsterdam ero mai stata e poi in realtà non è che mi compravo i panni a Resina e manco ci andavo in Piazza del Gesù, ma ecco sarei comunque stata più o meno credibile ad andarci allora. Allora c’erano i miei compagnelli che mi raccontavo leggende su certi superpunk del terzo anno che sì, loro c’erano andati, e c’era pure una ragazza con dei buchi molto grossi tra le narici che ci aveva vissuto come squatter e io li invidiavo, ma lo sapevo che a me sarebbe piaciuto solo raccontare di aver fatto la squatter a Christiania, mica a farla veramente, che di sicuro gli squatter un bagno pulito non ce l’hanno. Almeno immagino. Beh, in ogni caso ci dovevo andare allora, con uno zaino sulla spalle e una guinzaglio da cane arrotolato intorno al polso. Mica ora con una borsa di Furla e un diamante al dito (ma pur sempre con le scarpe con i teschi).

Ebbene. A camminare per Christiania mi è venuta in mente la scena di quando il piccolo Lord Fanterlouy cammina con il nonno tra le baracche del villaggio. La strada a terra era proprio uguale, pozzanghere e terreno, ai lati baracche con fuori gente in evidente stato narcolettico. Mancavano solo i bambini che si spidocchiavano. Bagni che nel bagno di Trainspotting ci puoi fare la pubblicità del Viakal. Poi ci stavano le bancarelle che vendevano il fumo e la gente che faceva la fila alle bancarelle e poi birra e canna sulle panchine.
Ora questo che ho visto io, avrei voluto girare di più ma lo Svedese è certamente il fidanzato meno adatto ad assecondare queste mie curiosità di ex (wannabe) punkabestia.
Dopo ci andiamo a mangiare un dolce molto grande e molto buono. Poi dopo andiamo a cena in un locale che pareva il camposanto, illuminato solo da candele. E poi il giorno dopo mi prendo 3 aerei per tornarmene a casa. (A casa?)

×