Cronache di mezz’estate

27 July 2013

Sotto la densa lente dell’estate va sfumando anche il mese di luglio. Sale baluginando dall’asfalto mentre i giornali lanciano titoli sul picco afa e consigliano di non uscire durante le ore più calde della giornata e bevete molto.

Cosa mi restarà nella memoria di questo mese di luglio?  Un tappeto di tristezza diffusa punteggiata da bei momenti. Perché anche il dolore più profondo si mette al riposo,  su un lettino tra il mare e gli scogli. E  un giorno nella memoria gli scenari prenderanno il posto dei drammi.

Cosa ho fatto

Ho seguito attentamente la prescrizione “è estate, esci, diverti, goditi la tua libertà, non ci pensare”. Ho scrupolosamente indossato abitini carini e sorriso ad incontri nuovi. Senza mai permettere che qualcuno mi pagasse un drink.

Certe domeniche di vulnerabilità non c’è stata altra strada che salire sulla passarella dell’aliscafo e ritornare sull’Isola, all’ombra del Faro non hai bisogno di indossare sorrisi e il maestrale del pomeriggio culla i pensieri fino a stordirli. La sera c’è sempre pronta una bottiglia di vino biano e fresco davanti a un panorama to die for. (“si dice che è bello tornare alla vita che ti era sembrata finita, si dice che bello tornare a vedere e quel che è peggio è che è tutto vero”).

Itaca che non aspetta un ritorno e non sopporta le partenze.

Cosa ho visto

Gli Uccelli di Hitchcock, che non avevo mai visto. E avrei preferito non vedere perché mo’ i gabbiani mi fanno paura.

Io Ti Salverò, sempre di H. che avevo visto una volta al liceo in un televisore sistemato nel laboratorio di chimica – che gioia quando un professore decideva di farti vedere un film.  Ovviamente, Io ti Salverò, l’ho visto per ricordarmi di non cadere (o ricadere?) nella sindrome di.

Ora le sere che sono a casa guardo Mankind, quel documentario sulla storia dell’umanità in 12 atti. Provo sempre un certo sollievo ad appassionarmi ala grandi narrazioni, i racconti corali che ridimensionano i miei drammi ombelicali. Che poi non saranno tanto diversi da quelli di una giovane donna sumera che indicideva i primi segni alfabetici su una tavoletta d’argilla. E ora cosa rimane di lei? Solo la tavoletta di argilla.

Cosa ho letto

Un giorno questo dolore ti sarà utile – di Peter Cameron. Un paio d’inverni fa dissi che era inutile leggersi libri del genere, ma poi un giorno in libreria un ragazzo mi ha detto che “dovevo leggerlo” e ho pensato che forse era proprio giunto il momento. E’ una sorta di Giovane Holden in chiave contemporaena, lievemente più cinico e ironico.

Perfer et obdura: dolor hic tibi proderit olim

L’universo, gli dei e gli uomini – Un saggio sull’intreccio di storie dei miti greci, le morti facili, il tempo dilatato. Sempre per le stesse ragioni delle grandi narrazioni di sopra.

E sempre sullo stesso motivo. Armi, acciaio e malattie: un saggio sul perché gli europei e gli asiatici, fino ad ora, hanno conquistato buona parte del mondo. Secondo l’autore una parte della risposta sta nella maggiore resistenza che gli europei hanno sviluppato rispetto ai microbi attraverso i quali hanno poi sterminato intere popolazioni (come gli indigeni americani) senza bisogno neanche di ricorrere ad armi e guerre.

Ora vi faccio un momento Superquark.

Avete mai considerato il punto di vista di un microbo? Anche un microbo ha delle precise strategie di sopravvivenza e trasmissione della specie. Prendiamo il sintomo del colera, la diarrea.  La diarrea altro non è che una strategia del microbo per diffondersi e infettare quante più persone possibili attraverso la contaminazione delle acque. Che poi uno ci possa morire di dissenteria è una conseguenza secondaria, quasi un incidente. Al microbo non interessa la morte del suo ospite, ma solo il proseguimento della sua specie di microbi. Come nell’esempio della sifilide: quando comparve per la prima volta in Europa, nel 1495, era una faccenda fulminante, interi brandelli di carne si staccavano e si moriva dopo pochi mesi. Già cinquant’anni dopo il decorso era molto più lento e le ulcere comparivano solo nelle zone genitali. Oggi, chi non si cura, muore dopo molti anni. E’ la strategia del microbo che si è evoluto per fare in modo che la persona infetta contagi quante più persone possibili nel corso della sua vita.

E quindi i microbi non hanno intenzioni cattive, vogliono solo sopravvivere. E proseguire la specie. Come tutti noi

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