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Pranzi e malattie berbere

24 August 2013

A malincuore lascio il palmeto e una suite da mille e una notte per proseguire il viaggio: la meta è Marrakech dove ci fermeremo una notte prima di ripartire alla volta dell’oceano.

Lungo il percorso ci fermiamo a visitare un paesino che mo’ non mi ricordo come si chiama e mi scoccio di cercarlo, ma che comunque è famoso perché ci hanno girato il Gladiatore, Cleopatra e qualche altro film di questo genere qua che mo’ non mi ricordo. Sapete quei film dove ci sono i villaggi con le case in terra senza tempo arrampicate sulle colline. Di questo paese mi ricordo solo che ci batteva un sole pazzesco e che ad un certo punto mi sono seduta in una specie di drogheria bevendo una coca-cola e sventagliandomi con un ventaglio a forma di bandierina tra le mosche che ronzavano attorno.

Fotor-ourzazate

Mi sento debole, ma non ci faccio caso, mi sento sempre debole quando fa caldo e sulla spalla mi sono comparse delle strane bollicine, saranno bollicine di sudore.

Stufe di essere rinchiuse per pranzo in luoghi dove mangiano gli occidentali chiediamo a Magid di fermarci a pranzo in un ristorante frequentato da marocchini. E lui ci accontenta. Ecco il nostro ristorante, un posto specializzato in carne alla griglia. Il barbecue è all’esterno, quasi sul marciapiede: capretti interi già scuoiati pendono dai ganci come mi ricordo in certe macellerie della mia infanzia, quando la soglia della sensibilità era meno alta, un uomo entra portando sulla spalla un agnellino morto. “Cosa avevano i posti pieni di occidentale che non andavano?” – penso. Faccio per entrare e inciampo su qualcosa di duro, la testa di un ariete con tanto di corna poggiata là per terra.

Entriamo, passiamo la sala interna densa di fumo e ci sediamo sulla terrazza. Ad uno sguardo di Magid il cameriere ci porta piatti e posate, ci guardiamo intorno e siamo l’unico tavolo ad avere piatti e posate, gli altri mangiano con le mani e con il pane pescando dai piatti a centro tavola. Dalle nostre borse cacciamo il Set dell’Europeo che ha Paura dei Germi Cattivi: Amuchina in gel, Fazzoletti Disinfettati, Cannucce per le Bibite Sigillate. No, meglio non bere dal bicchiere, no, grazie, niente insalata, solo carne alla griglia, ben cotta mi raccomando. Mi alzo per andare in bagno e seguo il cartello “Toilette”, il proprietario mi fa un fischio, fa segno di no e mi manda dietro un ragazzino che mi aprirà una specie di bagno privato chiuso a chiave, tra la lavatrice e dei jeans stesi ad asciugare.

Fotor-carni

La carne, come sospettavo, è ottimo: succulenta e saporita. Lascio perdere le posate e mangio le costolette con le mani. Ci portano anche della specie di carne macinata fatta a polpette: imito le signore del tavolo accanto e la infilo nella pagnotta di pane creando un vero hamburger berbero.

Un bel pranzetto leggero, l’ideale per affrontare i 50 chilometri di tornanti che seguiranno. Comincio ad avvertire una lieve pesantezza di stomaco e comincio a chiedere “quanto manca?”. Mentre la luce si comincia a fare più morbida arriviamo a Marrakech.

Apriamo la porta dell’auto ed come se qualcuno avesse accesso un phon enorme da qualche parte e ce lo stesse puntando diritto negli occhi. A pelle (che brucia) saranno una cinquanta gradi. Neanche il patio ombreggiato del riad con la piscina al centro riesce a dare sollievo. L’aria condizionata non riesce a raffreddare l’ombra delle stanze dagli scuri accostati.

Mi stendo su uno dei divani attorno alla piscina e mi faccio portare una limonata.

Una bella limonata che avrà il potere di liberarmi lo stomaco dando il via a una serata di vomito e diarrea. D’altra parte se vai in un posto esotico e non ti viene manco una diarrea, cosa racconti al ritorno?

Mi stendo nella stanza ombreggiata con un’asciugamano freddo in fronte come si vede fare nei cartoni animati giapponesi quando qualcuno ha la febbre.

riad-andalouse

Alle cinque di mattina sono alla quinta crisi di vomito, vi risparmio quelle di diarrea, ho 37 e mezzo di febbre e sono convinta di avere qualche virus mortale e che mi porteranno in qualche ospedale marocchino dove prenderò qualche virus ancora più grave. Il muazzin chiama alla prima preghiera e io allungo la mano a cercare il telefono sul comodino (la voce che ti rassicura, non è niente di grave, è normale, andrà tutto bene).

Ma poi l’alba viene e con lei gli uccellini e l’odore caffè. Su Camilla, alzati e sciacquati la faccia , è un nuovo giorno, anche questa nottata è passata, ora andiamo sull’Oceano, vedrai che l’aria fresca del mare ti farà bene

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