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Cosa mi ha insegnato Mad Men

28 September 2013

Quest’estate mi sono vista cinque serie di Mad Men.

C’è un certo grado della tristezza indolente che si può misurare in quante puntate di seguito ti vedi di una serie in streaming. Soprattutto se fuori è estate e le trentenni carine come te farebbero meglio a mettersi un paio di tacchi e uscire a bere Moijto al basilico come vuole l’ultimo trend estivo.

Io in certi giornate di dolori psicosomatici vari sono arrivata ad otto puntate di seguito.

La cosa che più mi piace di Mad Men è che non si fanno mai una risata. La cosa che più mi piace di Mad Men è che non si fanno mai un pianto. A parte qualche segretaria in bagno. A parte quando muore qualcuno. Il dolore si affronta con l’occhio asciutto, un bicchiere di whisky, un’altra sigaretta ad aspirare vita che se ne va. Peggy Olson che guarda in faccia Pete e gli dice “Non è facile per nessuno”. Ha avuto un figlio da lui, l’ha dato in adozione, lo vede tutti i giorni in ufficio, conosce sua moglie. Sostiene il suo sguardo e gli dice “Non è facile per nessuno”. E se ne va. Stop. Joan cerca di avere un figlio col marito, non ci riescono, il marito va a combattere in Vietman, lei esce incinta dopo un rapporto occasionale col suo vecchio amante. Va ad abortire il figlio che avrebbe voluto e torna in autobus. Gli occhi asciutti a guardare fuori il finestrino.

La compostezza nell’affrontare il dolore. E nell’accettarlo. Loro non usano questi verbi post-moderni che usiamo noi. Non dicono mai: “E’ il momento di ricominciare”. Loro semplicemente vanno avanti. Non si ricomincia niente, si va avanti incolonnando un giorno dopo l’altro. Perché o ti ammazzi o vai avanti. Non si può fare altrimenti. E loro non ci stanno a fare tanta filosofia sopra. “Non è facile per nessuno”. Ma tutti vanno avanti. Senza aspettarsi che un giorno tutto questo dolore sarà utile.

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