Il turismo visto dall’aliscafo

27 May 2014

Noi europei abbiamo questa convinzione che gli asiatici siano tutti uguali e sia difficile distinguerli tra loro. Io negli anni di pendolarismo sulle rotte del turismo organizzato ho sviluppato la stessa convinzione nei confronti dell’occidentale medio in viaggio in Italia.

Ogni giorno, tra aprile e ottobre, incrocio la strada di un migliaio di turisti. Mille un giorno, 500 un altro, 3000 quando è giorno di crociere. Una massa di individui che io ormai considero perfettamente intercambiali nel loro colorito pallido, nei loro cappellini, nelle borsette di tela con troppe scritte.

La maggior parte dii loro porta al collo una radiolina collegata a un auricolare inserirlo nell’orecchio. La guida al microfono dice loro dove devono guardare. Come Boncompagni che suggeriva la telecamera ad Ambra. Quelli con la radiolina hanno sempre anche un adesivo sul petto in modo da renderli riconoscibili nel tentacolare e pericoloso centro di Capri. I gruppi sono telecomandati da guide che distinguono tra loro per il grado di fantasia che mettono nel farsi riconoscere in quanto guide. I più tradizionali usano l’ombrello, altri si impegno e costruiscono bandierine con antenne della tv vecchio stile e fazzoletti colorati, magari nei colori della bandiera nazionale del loro gruppo. Altri ancora utilizzano fiori di peluche legati bastoncini per le tende.

Il gruppo segue la bandiera, affannandosi se rimangono di qualche passo indietro.

Visti da dietro, puntando lo sguardo in basso, questi gruppi sembrano una piccola piantagione di gambe umane, pallide, con le chiazze rosse, con la magrezza dei 20 anni, col gonfiore di troppe patatine, con le vene varicose. Le gambe finiscono in sottocategorie di scarpe. Flip- flop, espadrillas di tela sfilacciata, ciabattine, crocs di plastica. A volte capita che qualche americana mi faccia toctoc sulla spalla per dirmi “I like your shoes”.  “They are just real shoes” le vorrei rispondere.

Quando l’aliscafo arriva al porto di Capri in gruppi si dirigono compatti alla funicolare o agli autobus privati. I singoli si guardano un po’ smarriti attorno cercando di capire dove andare ed è in qual momento che parte la caccia. Un ragazzo ti indica il botteghino da dove parte la barca per la Grotta Azzurra, un anziano marinaio ti vuole noleggiare un gozzo, i baristi ti invitano a sederti per un cappuccino nei loro costossimi bar. Loro sono i più gentili: se gli chiedi informazioni, ti regalano una mappa e ti indicano la strada. Sanno che in questo modo quando tornerai al porto per il traghetto del ritorno, verranno da te per un caffè da 5 euro.

La coda intanto alla funicolare si è fatta chilometrica, nel trenino entrano 80 persone per volte, non è fatto per gestire l’arrivo di un gruppo di mille persone in contemporanea, come succede quando arriva una crociera. Per tenere tutti buoni la guida comincia a raccontare la storia che questa è la funicolare di Funiculì Funiculà. Io vorrei dirgli “Guardate, mica è vero questa storia. La funicolare della canzone è un ‘altra”. Ma loro stanno già cantando e sbattendo le mani, e che vuoi farci, mettono pure allegria.

Altri gruppi invece sono stati messi su barconi da 100 posti che fanno il giro dell’Isola con sosta alla Grotta Azzurra. In un’ora scarsa fai il periplo dell’isola e la guida ti indica le ville dei vip e i ristoranti dove vanno i vip. Le signore in pantaloni della tuta cacciano le macchine fotografiche e fotografano il “mito” che stanno sfiorando mentre la guida fa credere che per loro questi posti siano inaccessibili e proibitivi, meglio che vadano al ristorante con menù a prezzo fisso suggerito da lui. Là non avranno sorprese.

E mentre loro si faranno le foto davanti al Quisisana, io intanto sarò già alla mia scrivania a scrivere consigli e itinerari su come vivere Capri al di fuori dei percorsi battuti, leggerò tweet sui turisti come “cittadini temporanei”, consiglierò strategie di storytelling a qualche hotel.

I cittadini temporanei di Capri li ritroverò la sera nel traghetto, con le facce rosse dal sole e i piedi stanchi. Appoggeranno la testa sul sediolino e si addormenteranno. Chissà cosa gli sarà rimasto di quest’isola.

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