Un romantico weekend a Istanbul

18 February 2015

Ora vi faccio un riassunto delle ultime 24 ore. Sarà un po’ lungo. Spero almeno quanto la fila che sto facendo. Scrivo col cellulare. Ci saranno più refuso del solito. Quindi. Eravamo rimasti che ero a Istanbul. Io e Compagno. Che detto così mi fa sentire anziana, ma come vuoi chiamarlo? Fidanzato? Ragazzo? Convivente? Comunque stavamo io e lui a vederci i dervisci rotanti che girano sulle spine dorsali, fumare narghilè, mangiare kebab, sudare nell’hamman e tutte quelle cose che le coppie romantiche fanno a Istanbul tra Oriente e Occidente. Ci eravamo comprati pure un bel tappeto per la camera da letto. Proprio bello. Contrattando due ore e uscendocene tutti felici del nostro acquisto. Già lo vedevo davanti al letto capitonèe. Una meraviglia. Per l’ultima sera avevo prenotato pure in bel ristorante romantico con vista sul Bosforo. A nice table near the window please. Capirete. Io e Convivente tra affitto, mutuo, infissi e servizi di piatti non avevamo mai fatto un vero viaggio insieme. Ce lo meritavamo. Comunque. Ci affacciammo alla finestra l’ultimo giorno e: “uh guarda! Nevica! Che cosa romantica”. Scendiamo per andare a cena e i bus non passano. Piazza Taksim è bloccata, non conviene prendere un taxi. “Facciamo così, prendiamo la metro in direzione del ristorante, qualche chilometro a nord, e da lì prendiamo un taxi”. Ottima idea. Metro e poi ci infiliamo in un taxi. Traffic! Snow! Problem! Il tassista non sa l’inglese, l’auto arranca nel traffico e ad un certo punto si blocca nella neve. Convivente scende per spingere. Facciamo due metri. Passiamo 40 minuti a un incrocio. Facciamo altri due metri, passano altri 40 minuti “my friend, gira la capa al cavallo e torna a piazza taksim”. Torniamo indietro con 30 euro in meno e digiuni. Il kebabbaro sotto l’hotel ci accoglie a braccia aperte. Che serata romantica, io, tu, il kebab e la puzza di cipolla. Ma noi ci amiamo e non abbiamo bisogno mica di queste cose sdolcinate. Il mattino dopo sveglia puntata presto. “Con questo traffico ci metteremo tempo ad andare in aeroporto”. In effetti. Usciamo dall’hotel e, ve lo giuro, manco Helsinki a febbraio. Manco Tromsø a gennaio. Stoccolma a dicembre un atollo tropicale. Arranchiamo a fatica tra la neve alta verso la fermata del bus. La neve oscura tutto. Lo troviamo fermo alla fermata. Ci dicono qualcosa in turco. Ci buttiamo dentro e riprendiamo sensibilità alle dita delle mani. Ora ci possiamo rilassare! A un certo punto Convivente, più esperto di me di Istanbul, mi fa:”questa è la strada per l’altro aeroporto, all’altro capo della città”. Voglio morire. L’aeroporto dei voli low cost. In culolandia. Dopo un’ora arriviamo. Altro taxi che mi mostra sul suo cellulare le strade rosse di traffico. Ma noi siamo fiduciosi “Inshallah”. E infatti il traffico non è esagerato, l’auto va piano per la nebbia e la neve copiosa che continua a cadere. Le strade assomigliano a Katerinasvegan a inizio marzo, fango e neve. Niente sale. Niente spazzaneve. Ma il nostro tassista sa il fatto suo e dopo un’ora e 50 euro in meno siamo all’aeroporto giusto. Giusto in tempo per scoprire che il nostro volo è cancellato. Ai desk per il cambio la fila è tipo quella che gira intorno alla pietra nera alla mecca durante il pellegrinaggio. Molti effettivamente stanno andando proprio lì. Indossano asciugamani bianchi e ciabatte da piscina. Tipo uguale a quando si esce da un hamman. All’inizio non capisco e penso che siano dei tipi appartenenti a una setta degli asciugamani. Poi Convivente mi spiega e un articolo del Post me li definisce correttamente “mantelli”. Vorrei capire dove nel Corano però impedisca di mettersi le scarpe. Le donne però sono vestite normali. Cioè normali col velo integrale. Solo che in testa hanno un pennacchio arancione che credo serva a non perdere il gruppo nella folla. Poi ci sono pure un sacco di tipi calvi e con la testa piena di cicatrici. Forse c’era qualche raduno di scampati da incidenti con rottura del cranio. O qualche congresso medico e loro sono i casi di esempio. Guardando meglio ci rendiamo conto che hanno i bulbi capillari ingranditi. Forse c’era un raduno di Cesare Ragazzi. O forse la Turchia è una meta famosa per i trapianti di capelli tipo la Croazia per il turismo dentale. Non so. Comunque la fila era infinita. Millantando fantomatiche proprietà di golden card e ostentando serietà da business riusciamo a farci cambiare il biglietto alla fila dei privilegiati. Partiamo stasera alle 9 per Roma. È mezzogiorno. Il wifi è a pagamento. 10 euro. Non posso stare 8 ore senza wifi. Pago. Non funziona. Pago di nuovo. Funziona. Ci sono. La batteria è già al 57%. Sento i segni della morte che si avvicina. Dopo due ore riusciamo ad avere una boarding pass ed entrare dentro per raggiunge la fonte della vita. La presa di corrente. Prima di entrare dobbiamo consegnare il bagaglio. Gli faccio ciao con la mano. Va a Fiumicino, per un volo che sarà probabilmente cancellato. Che speranze posso mai avere di rivederlo? Ciao tappeto ciao. Ma tanto ora abbiamo il wifi e le prese, che altro volere? Verso le sei come previsto scopriamo che anche il volo delle 9 è cancellato. Prima fila. Scendete al desk dei transfer. Seconda fila. Andate fuori per farvi dare l’hotel. La fila per farsi dare l’hotel è infinita. “Si, ma come facciamo a sapere poi che aereo dobbiamo prendere?” Dividiamoci! Uno fa la fila per l’hotel, l’altro per il cambio biglietto. Entrambe sono infinite. “Rientriamo e andiamo in una longue a pagamento”. Non ci fanno rientrare. Piango. Mi calmo. Dividiamoci di nuovo. Non so come Convivente arriva a farsi cambiare il biglietto alla fila corta dei domestical flight. Il primo volo disponibile è DOPODOMANI. Ok. Ora peró per due notti dobbiamo andare in hotel. Sono le 8 e mezza quando comincio a fare la fila. Sono le undici e mezza e sono ancora qui. Ciao.

Update del mattino dopo:
All’una la Turkish ci comincia che ha finito le camere d’hotel. Secondo loro in tutta Istanbul non ci sono più camere. La folla insorge. Cori da stadio. Col 3% di batteria apriamo Booking.com e notiamo come i revenue manager degli hotel dei dintorni siano al lavoro. A differenza di quelli della Turkish. 1499 euro a camera. Ne troviamo uno in un sobborgo non lontano a 42 euro. Not refundable all’una di notte. Taxi e via. Io sono convinta che si sia dimenticato di chiudere la disponibilità delle camere, ma a sorpresa c’è. Quello che manca in camera sono le lenzuola. Il copriletto poggia direttamente sul lenzuolo di sotto. Per fortuna che accanto c’è il lettino per il bimbo. Lo scoperchio e rifaccio il letto. Fuori la nega continua a cadere. Qua a Istanbul la neve fa rumore.

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