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Un week-end al sole del Mediterraneo

14 October 2019

Ai bordi della piscina del Grande Albergo per Famiglie mi guardo intorno e noto che sono l’unica non tatuata. C’è una mamma con tre bambini con una specie di ghirigoro floreale all’altezza di un cesareo fresco. Ad oggi e croce ha più o meno la mia età di quando studiavo semiotica e dormivo in giro in b&b scalcinati. Lei fa sguazzare bionda prole in tutine anti-UV nella settimana all inclusive a Protarars, zona est di Cipro “resort turistico ideale per famiglie” come lo definisce la Lonely Planet. Anche Sorrento viene spesso definita “resort” e non “paese”. 

E in effetti guardandomi attorno qui noto che case non ce ne sono. Una lunga schiera di alberghi in puro stile “Vele di Scampia” sul lungomare, una lunga fila di Suites&Apartments lungo la strada principale, villette a schiera con un chiaro aspetto da casa vacanze lungo i viali di periferia. In giro non sento parlare greco, e neanche russo, com’è ormai normale da queste parti. Solo inglese con accento marcato. Così marcato che non capisco i discorsi che gli allegri papà giovani e tatuati fanno attorno al pool bar, birra in mano alle 10 del mattino. Uno  di loro esibisce orgoglioso la scritta Brexit sull’avambraccio destro. Chissà se è consapevole che poi le sue vacanze qui alla ex colonia, al caldo del mediterraneo, diventeranno più complicate. Per ora sembra interessato alla birra a 3 euro e 50 e ai pacchetti di sigarette a 4 euro. 

La sera si esce su quella che viene chiamata “the stripe”. Una strada di un chilometro circa costeggiata da tutto quello che una famiglia occidentale media può desiderare in vacanza. Ristorante finto tipico, bar kararoke, pacchetto giochi per bambini, Pizza Hut, spa per farti il pedicure con i pesciolini, banco per prenotare escursione nei dintorni, McDonald, negozio di souvenir cinesi e salvagenti a forma di fenicottero. I bar espongono le locandine col programma della serata: alle 10 c’è l’esibizione della sosia di Adele, alle 11 quella del sosia di Elvis Presley. Nascosta alle spalle di un ristorante messicano con menù fisso a 12 euro c’è una minuscola cappella ortodossa con al centro l’icona di Sant’Andrea. Caterina ci entra e la bacia, come vede sempre fare. Chissà com’è riuscita a sopravvivere fin ora, chissà se tra due anni non sarà trasformata in un negozio di kebab. 

Dopo due giorni di paradiso mediterraneo in salsa BBQ, prendiamo la macchina e puntiamo a Nord, andiamo a rivedere Farmagusta, la più bella e malinconica città di Cipro. Tra le sue mura veneziane è passato il mondo, ora passano piccole comitive di turisti che dormono ad Aya Napa e fanno l’esotica escursione oltre confine a 79 euro con guida locale  e autobus con aria condizionata per scoprire la Ghost Town. 

La Ghost Town è il quartiere di Varosha, accanto al porto di Farmagusta, lo stesso dove sbarcavano i genovesi e poi i veneziani assediati e scacciati poi dai turchi. Negli anni 60 e poi 70 era una piccola Cannes mediorentale, sabbia dorata, mare cristallino e grandi hotel. Venivano in vacanza dalla Siria, dal Libano, da Israele. E poi un agosto del 1974, forse con un caldo simile all’agosto del 1571, i turchi ancora una volta giunsero a invadere la città. Le colazioni furono lasciate sul tavolo, i letti sfatti. Gli abitanti greci fuggirono per non tornare mai più. Intorno agli hotel furono srotolate le reti spinate che ci sono ancora oggi, con divieto di fotografare e provare a entrare all’interno. Tutto dentro è rimasto abbandonato a 25 anni fa, la terra ancora contesa e sorvegliata da militari inglesi che la domenica vanno in spiaggia con la famiglia sotto gli scheletri degli hotel. 

La guida porta in giro comitive stanche e accaldate dai 30 gradi di ottobre, spiega che non si può fotografare niente e regale loro un piccolo brivido di pericolo e un racconto per quando torneranno in ufficio. Il pomeriggio si va verso la città antica, quella dentro le mura veneziane ancora in piedi e ormai utili solo a far sfondo a foto per Instagram. La cattedrale gotica di San Nicola è ormai convertita a moschea da più di mille anni. È intitolata a quel Mustafà che nella piazza centrale scarnificò vivo il senatore veneziano a capo della città. Qualcuno si riposa sotto l’albero di figo nella piazza, altri fanno shopping di borse contraffatte e liquori probabilmente contraffatti al favoloso cambio di 1 a 4 di euro e lira turca. Io compro solo un gelato di 75 centesimi a Caterina e ancora una volta mi incanto della luce di questa città al tardo pomeriggio, che fa sembrare così lontano l’eco di tante battaglie. 

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