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Cinquantasei giorni

3 May 2020

Questo è l’ultimo weekend in cui abbiamo una sola figlia. Ma anche l’ultimo weekend di quarantena. Per noi e tanta parte di Europa. Il weekend più lungo, iniziato da un giorno festivo. Per me fa differenza perché, pur se a ritmo ridotto, in questi giorni sto continuando a lavorare. Un modo per dare senso a questi giorni, per non stare a pettinare le bambole tutta la giornata. Nel senso letterale intendo. 

Costruire percorsi motori nel corridoio, fare la pittura che lievita nel microonde, impastare la pizza non sono cose che fanno per me. E con la mobilità del nono mese di gravidanza il mio massimo è stare seduta a giocare al ristorante delle bambole.

Per non dimenticare questi giorni 

8 marzo 

Siamo un gruppo di italiani seduti sotto il sole di Cipro in una domenica di inizio primavera. Mangiamo pesce e humus mentre i bambini giocano sulla spiaggia. Discutiamo di quello che sta succedendo in Italia, il governo che dichiara la Lombardia zona rossa, i treni pieni di gente che torna verso Sud. Siamo preoccupati, certo, ma tranquilli sotto il sole in un ristorante affollato e senza mascherine. 

9 marzo 

Cyprus Mail, il quotidiano locale in inglese annuncia due casi a Cipro. Il giorno dopo sono sei. Poi 12. Il mercoledì sera viene annunciata la chiusura delle scuole fino al 20 marzo. 

12 marzo 

È un giorno di tempesta e vento, Caterina da qualche giorno ha qualche linea di febbre e tosse. La febbre sale e io vado nel panico. Antonino è appena tornato da un viaggio in Belgio e la settimana prima dalla Norvegia, lui sta bene, ma che ne sappiamo? Restiamo attaccanti tutto il pomeriggio al numero di emergenza fino quando ci dicono che un asintomatico non può trasmettere il virus. Ora avrei un po’ più di dubbi su questa risposta, ma in quel momento mi tranquillizza. Supposta di Tachipirina e andiamo a dormire mentre il vento continua a soffiare tempestoso. La scuola di nuoto ci scrive annunciandoci che ha chiuso la piscina. 

Il presidente del governo cipriota annuncia la chiusura di scuole, bar, ristoranti, palestre e centri benessere fino al 13 aprile. 

15 marzo 

 Si cominciano a vedere le prime scene di semi-panico al supermercato, mascherine, carrelli pieni, scaffale del disinfettante vuoto. Coda alla cassa per i carrelli più pieni del solito. Spesa grande al supermercato venerdì sera, la mattina dopo spesa grande di album da colorare, costruzioni, giochi e intrattenimenti vari. Un mese senza scuola sarà lungo. E già immagino che i negozi di giochi saranno chiusi. Qualche giorno fa ci arriva un messaggio della scuola, si riapre il 23 aprile. Se tutto va bene, aggiungo io. 

I giorni seguenti…. 

Una settimana dopo la prima spesa “da quarantena” andiamo a fare la seconda. E lo scenario è già cambiato. La fila fuori, si entra uno per volta, disinfettante e guanti all’ingresso. Mascherine e sguardi diffidenti. C’è qualcosa nell’aria, forse spruzzano disinfettante dall’impianto di aria condizionata, non mi sento bene, mi bruciano gli occhi, devo afferrare una bottiglia d’acqua dal reparto di bevande fresche. Mi rimarrà addosso una sgradevole sensazione per tutto il pomeriggio. Ma non è la guerra. Appoggiamo la Revolut contactless e usciamo col carrello pieno. Bistecche, salmone fresco, astice surgelato e gelato al cioccolato belga Hagen-Daz. 

Intanto sul mio feed di FB tra canti al balcone e liti su chi va a correre compaiono senza soste le pubblicità di food delivery “contacless”. Dominio Pizza ci spiega nel dettaglio che il fattorino bussa, lascia le pizze nel bauletto termico del motorino e si allontana di due metri. Tu scendi, prendi le pizze, forse gli puoi lasciare l’euro sul motorino e corri dentro. Il virus può rimanere sul cartone della pizza? Nel dubbio ieri abbiamo comprato il lievito di birra. Io non ho mai fatto una pizza in casa. Anche se a casa abbiamo 4 chili di farina usati solo per giocare a fare i biscotti e la pasta di sale. 

Ogni sera si va a dormire con il mondo in una situazione peggiore del giorno prima. Nuovi morti, nuovi contagi, nuove misure restrittive. Un parente che sta male, la lontananza, il lavoro che crolla a picco, i soldi che sono sempre meno. Ogni notte mi sveglio alle 3, leggo di tutto, mi riaddormento all’alba. Eppure ogni mattina mi sveglio, Caterina sorride e per forza sorrido anche io. Ci si inventa un nuovo gioco da fare, un lavoretto per me, un lavoro per me. È il tempo di pescare tra le attività segnate come “in attesa” nella bacheca “Redazione” di Trello da mesi. Il giorno va avanti e non porta buone notizie, ma io penso sempre che non mi dovrò mettere su un gommone, che non finirò in un campo profughi in Libia, che non ci bombarderanno la casa. E vado avanti. Non è una guerra. È la cosa peggiore che ci sia capitato nella nostra vita ma non è la guerra.

23 marzo 

Il presidente di Cipro annuncia la chiusura di ogni attività non essenziale a partire dall’indomani alle 6 di sera. Resteranno aperti solo supermercati e farmacie. Io sono a 31 settimane e non ho nemmeno una tutina. Il mattino dopo andrò da Next a comprare 5 tutine rose, 10 body bianchi, qualche paio di calzini. I pacchi dall’Italia sono bloccati, non posso farmi spedire niente di quello che già ho. 

I giorni successivi 

Una mia amica mi dà il suo corredo di lenzuolini, un’altra una culletta, un’altra ancora qualche altra tutina. Vado raccogliendo questo materiale lasciato fuori le case con illegali deviazioni al percorso che dovrebbe portarmi al supermercato o dal medico. Se mi fermano spero che abbiano pietà della mia pancia che arriva quasi al volante e non mi facciano 300 euro di multa. Qua per uscire devi inviare un sms con il codice che giustifica l’uscita e il tuo id. A volte capita che lo rifiutino perché c’è già troppa gente per strada, ma tu hai appuntamento col ginecologo, che fai, non ci vai? Metti guanti e mascherina e vai lo stesso. Sempre contando sul buon cuore dei poliziotti che ora sono ad ogni angolo di strada. 

In un venerdì sera ti entra indelebile in testa l’immagine del Papa che prega in una piazza San Pietro deserta, sotto un cielo livido e gonfio di pioggia. Fuori al sagrato il crocifisso in legno portato in giro 500 anni fa contro la peste. 

Il Venerdì Santo mi arrivano i video delle strade deserte di Sorrento mentre nelle strade risuona il Miserere. Festeggiamo la Pasqua cucinando il castello senza sugna e le pastiere. Festeggiamo la Pasqua ortodossa affacciandoci al balcone a mezzanotte insieme ai nostri vicini di casa che reggono candele mentre lontano sparano fuochi d’artificio. Mangiamo flavones donati da loro e ricambiamo con degli arancini. 

Ormai sono più di 40 giorni che siamo in casa. Per fortuna abbiamo un balcone illuminato dal sole la mattina e benedetto da ombra e vento fresco il pomeriggio. E un piccolo patio dove Caterina si prende cura della sua fattoria immaginaria. Un paio di volte al giorno facciamo il giro dell’isolato col monopattino o portando bambolotti in passeggino. Dalla vicina di casa sono nati dei gattini, Caterina passa ore a osservarli e importunarli. 

Anche Aprile, il più crudele dei mesi è passato. Il vento si fa sempre già caldo. 

29 Aprile 

Il presidente cipriota parla alla nazione e annuncia l’avvio della fase 2, più o meno come in Italia. Delle scuole ancora non se ne parla, gli aeroporti dovrebbe aprire a metà giugno. Tra una settimana e qualcosa io partorisco. Almeno una novità. I centri estetici dovrebbero riaprire il 21 maggio. Cioè mi devo fare la ceretta da sola prima del parto. 

3 Maggio 

Domani piove. 

In questi 50 giorni ho letto e visto solo cose main stream. Quello che leggevano e guardavano tutti. Quello che mi è piaciuto di più sono quelli che parlavano svedese in mezzo Raqqa. Gli altri della serie degli ebrei ultraortodossi con i riccioletti me li erano già visti tutti. Tanto comunque non uscivo. 

Cambiare l’acqua ai fiori 

La Casa di Carta 4 

Unothordox 

Il Califfato 

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