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Un po’ di vita a Sud-Est

10 December 2018

Sono tornata in Italia dopo 3 mesi passati a Cipro. Di tutti i posti del mondo dove avrei scelto di trasferirmi, Cipro viene subito dopo gli stati centrali dell’Africa, gli Emirati Arabi e l’India. Se mai avessi preso in considerazione questa isola in fondo al Mediterraneo. Che di solito viene presa in considerazione per : 1) tasse al 5% 2) Vendita di passaporti europei 3) Pensioni lorde in riva al mare con media climatica di 25 gradi. 

 Perché diciamocelo, Cipro non si distingue per la sua bellezza. In città le case sono tirate senza un criterio, le macchine si parcheggiano sul marciapiede, i marciapiedi sono rotti, a piedi non si cammina, mezzi pubblici non ce ne sono. Se devi andare in un negozio prendi la macchina e vai nel negozio. Se vuoi il caffè prendi la macchina e vai alla caffetteria. Non esiste “facciamo una passeggiata a vedere due vetrine”. Se vuoi fare una passeggiata prendi la macchina e vai sul lungomare, l’unica luogo deputato alla “passeggiata”. La città vista dall’alto è una spianata di scaldabagni sui tetti. È attraversata da 4 stradoni e ai lati ci sono i quadrilateri di strade che salgono e scendono dove vivono le persone, in genere in villette o case non più alte di due piani, con il loro patio esterno davanti. Il posto auto è sul marciapiede davanti casa e guai a chi lo tocca. Sono strade dove se passi a piedi la gente ti guarda curiosa dalle case, se passi in auto e provi a fermarti c’è sempre qualche vecchietta che si affaccia per dire che non puoi parcheggiare perché quello è il posto riservato al nipote quando la viene a trovare. Se noi nasciamo con il debito pubblico, i ciprioti nascono col posta auto sul marciapiede assegnato. 

La nostra casa è grande 3 volte quella di Sorrento, ha finestre sui 4 lati ed è piena di luce sempre. È arredata con mobili della nonna e residui di un hotel degli anni ’70. Se apri un cassetto puoi trovarci la Bibbia e le istruzioni per evacuare. Vorrei comprare la lavastoviglie, ma poi penso “e se poi ce ne andiamo”? Così vivo nel costante disagio del lavare i piatti a mano, l’acqua sporca, i residui di cibo che si incastrano nel lavandino. I piatti della colazione, i piatti del pranzo, i piatti della cena che poi va a finire che restano sempre lì sul lavello ad asciugare e a guardarti triste, manco il tempo di metterli a posto che si ricomincia il giro. Non ho l’asciugatrice, che spreco sarebbe avere un asciugatrice in un posto con un’umidità del 10% e dove uno stendino ci mette due ore ad asciugarsi? Quanto tempo ci vuole ad stendere una lavatrice piena di calzini e mutande? Mi ero dimenticata. Tanto tempo. Lo faccio dentro perché fuori sul balcone il sole è troppo forte, anche ora che siamo quasi al solstizio d’inverno. A volte però piove per giorni interi, sempre con tuoni e fulmini. La notte ora cala presto, per strada non ci sono luci. Nei pomeriggi silenziosi che Caterina dorme ancora mentre fuori è già buio, senti la pioggia calare fitta intorno ai quattro lati della casa, sul tetto sottile, sui balconi spogli. Dalla strada nessun rumore e nessuna luce, il monitor del computer illumina la stanza di luce violetta. 

Fino a quando non mi ricorderò il motivo per qui sono qua: la chiave che gira nel portone, i passi su per le scale, Caterina che corre incontro al papà per raccontargli subito l’avvenimento della giornata: “Maxim mi ha messo lo yogurt nei capelli” oppure “La maestra Theodosia aveva un cerotto sulla mano”. E allora si accenderanno le luci e tutte le cose semplici, noiose, grandiose, banali e bellissime di una vita di famiglia. La cena cucinata che a volte viene bene, altre no, Caterina che fa i puzzle e fa i capricci perché vuole sentire le canzoni su YouTube. Due chiacchiere distratte, un bacio veloce, una birra stappata, il pigiamino di Minnie. E la sera che scivola sul divano, il libro degli animali, le serie su Netflix. 

Potremmo essere a Cipro, in Italia, in qualsiasi altro posto. 

Potrei essere in qualsiasi altro posto la mattina, alla lezione in palestra. L’istruttore parla in greco, si fa lezione sul terrazzo, ma tutto è esattamente come nelle palestre che ho frequentato in tutta Europa. La rassicurante routine di una lezione di fitness dove non capisci niente di quello che dice l’istruttore, ma riesci sempre a seguire: tre serie da 15, riposo, i crunch, le posizioni dello streching, i pesi da tre chili. Dopo due mesi riesco a tenere il plank per 30 secondi e fare gli addominali a V, quelli dove ti devi tenere in equilibrio sull’osso sacro. Come quando avevo 28 anni. Solo che ora invece di stare tra le ragazze che vanno in palestra dopo il lavoro con il trucco della giornata ormai sfatto, sono tra le mamme che vanno in palestra dopo aver accompagnato i bimbi a scuola e poi si vanno a prendere il caffè. Senza trucco, direttamente con la tuta. Una nuova routine che è pur sempre routine. 

Potremmo essere Cipro, in Italia, in qualsiasi altro posto. 

D’altra parte Cipro è un posto dove si sta comodi. Non hai mai problemi a trovare parcheggio, se Google ti dice che un posto dista 12 minuti di auto sono 12 minuti veri. Il traffico c’è solo alle sei di sera alla rotonda prima di entrare nell’autostrada che va da una parte all’altra dell’isola e taglia in due la città. La sera se non hai voglia di cucinare vai sull’app e scegli tra cucina giapponese, cinese, messicana, libanese o greca e ordini. Paghi con la carta di credito e ti dicono a che ora arriva il delivery.  Se invece vuoi uscire puoi scegliere tra centinaia di ristoranti e non c’è mai bisogno di prenotare. Alla nostra scuola non c’è la chat delle mamme, non c’è il regalo alle maestre, non ci sono mai questioni. Tutto scivola liscio. Sulla spiaggia il lettino costa due euro e cinquanta, su tutte le spiagge, e alle spalle c’è sempre il ristorante che ti porta il tuo Nescafè Frappè al lettino. A una mezz’ora di macchina c’è la montagna dove puoi andare a prendere il fresco, camminare per sentieri ben tracciati e mangiare la moussaka.  Non ci sono mode, nessuno ti giudica per come esci vestito, i bambini vanno a scuola in uniforme e immagino non sappiano niente dei brand che vanno per la maggiore nell’Europa Continentale. Il sabato mattina puoi andare a fare colazione nel bar sul lungomare con accanto il parco giochi. Tutto è facile e senza stress. Come un paio di Hugg in cui infili i piedi e incontri caldo e morbidezza. E se non sei abituata alle decolettè col tacco magari non pensi neanche che siano brutti. 

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