Impressioni di un maggio italiano

9 May 2013

La macchina si ferma sotto il portone di casa, sono da poco atterrata da Stoccolma nell’aria tiepida di una sera di maggio. Tiepida e struggente come sanno solo esserlo certe notti di maggio qui al Sud. Apro la porta e subito l’odore di fiori d’arancio è così forte da far girare la testa. E’ come svegliarsi da un anestesia. Mi rendo conto di aver inanellato chilometri e chilometri di passeggiate nella natura svedese senza mai sentire un odore. La notte lascio il balcone un po’ aperto, dal vicolo sale il miagolio di un gatto. E’ vero, qua esistono gli animali randagi. E poi l’odore del mare, il mare salato, il sapore delle zucchine. E’ vero, qua le zucchine hanno un sapore.  Capogiro dei sensi. 

Qualche giorno dopo partecipo a un convegno. Si parla di web-marketing turistico. Sul programma è scritto che si inizia alle 9. Ma ovviamente alle 9 la sala è deserta. Arriveranno tutti con la massima indolenza verso le 9.30, si comincerà almeno tre quarti d’ora dopo l’orario previsto. Come avevo previsto. Durante il panel il moderatore fa battutine con i relatori sulla serata a femmine che si saranno fatti la sera prima e presenta il manager di una multinazionale chiamandolo “Il Playboy”. E dopo ammette candidamente che lui si fa convincere dal rappresentante commerciale di un’altra azienda perché “è alta, mora e con le tette grandi”. Disgusto e squallore. 

La sera andiamo al ristorante. L’aria è dolce e profumata e si cena sotto al pergolato di glicine.  Al tavolo accanto al nostro ci sono 4 svedesi a cui non par vero di ordinare menù di 4 portate a 35 euro e bottiglie di vino a 15 euro. In un ristorante di quelli col centrino sui piatti. Traduco mentalmente i prezzi in corone e ascolto i loro versi di stupore mentre leggono il menù. Arriva il suonatore di mandolino ed è subito “Torna a Surriento”. Le vongole sono saporite, l’atmosfera è morbida, una coppia di innamorati si tiene la mano al tavolino affianco con gli occhi luminosi di felicità.

C’è una festa a cui siamo invitati dopo la cena, un paio di chilometri di distanza, non ci sono mezzi pubblici per arrivarci. Non ci sono mezzi pubblici a Sorrento dopo le 10 di sera. “Ho i tacchi, prendiamo un taxi”. Due chilometri senza traffico, 4 minuti netti: “Prego, sono 17 euro”.

Alla festa ci danno i bigliettini per i cocktail gratis, vecchi amici mi salutano con due baci sulle guance, sedie si spostano per far spazio ai nuovi arrivati e fa così caldo che puoi stare in giardinio con la maglietta a maniche corte. “Che ci fai qua? Tu non stavi in Norvegia?” “Veramente era la Svezia” “Vabbè, quello lassù è tutto uguale, faceva freddo eh?”. Sì, faceva freddo, molto freddo, sempre freddo.

La mattina dopo devo andare a Capri. Mi serve un autobus o un treno per arrivare da casa mia al porto di Sorrento. Vado alla stazione della Circumvesuviana, ma il treno non arriva. Vado a prendere l’autobus, ma quello che serve a me non arriva. Chiedo a un conducente: “Scusi, ma la linea C è sempre attiva?” – ”Sì, è attiva, ma non passa tutte le mattine, dipende se ci stanno i pullman”. Mi riesco a infilare su un altro autobus affollato, scendo a piedi al porto. Ho visto gli orari su Internet, so che c’è un aliscafo alle 9.15, anche il cartellone vicino alla biglietteria dice 9.15. Alle biglietteria mi dicono “No, 9.15 non c’é, il prossimo è alle 9.40”. “E come mai sugli orari è scritto 9.15?” – “Perché in futuro ci sarà”.

Al ritorno trovo il molo invasa da comitive di turisti dalla faccia infuriata. L’aliscafo di prima è partito dieci minuti prima dell’orario previsto lasciando a terra gruppi infuriati. Il prossimo è l’ultimo e tutti non c’entrano. Le persone urlano, si spintonano, strattonano i marinai che cercano di contenere l’orda inferocita. Una giapponesina piange dallo spavento.

Io penso che tutta questa bellezza può essere una maledizione. Abbiamo sempre pensato che la bellezza ci sarebbe bastata. Che la bellezza ci avrebbe salvato. Ma la verità è che ci ha reso pigri. E la pigrizia ha creato il pressappochismo. E il pressappochismo ha creato lo sfascio contro cui ci troviamo a lottare tutti i giorni.  E lottando per raggiungere i nostri piccoli interessi nello sfascio, non rispettiamo le regole. Perché pensiamo di essere più furbi delle regole. E invece siamo solo stronzi.

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