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Nell’autoproclamata Repubblica di Cipro Nord

8 August 2017

Il mio viaggio “altrove” di questo agosto sono stati i due giorni nell’(autoproclamata) Repubblica Turca  di Cipro Nord.

Cos’è Cipro Nord

(per chi si è perso le puntate precedenti) Nel 1974 in seguito all’invasione della Turchia nella zona nord, l’isola di Cipro si divise in due parti: la parte sud, dove si parla greco e c’è l’euro e la parte nord dove si parla turco e c’è la lira turca. A Sud ci sono i Costa Caffè enormi con 256 varietà di caffè e moccaccino, i divanetti, il wifi, il bagno col fasciatoio e l’aria condizionata anche all’aperto, al Nord ci sono i baretti scalcagnati con l’ombrellone rosso dell’Algida, le Pepsi al posto della Coca Cola e avventori unicamente maschi.La repubblica di Cipro Nord in quanto Stato è riconosciuto solo dalla Turchia. Il confine tra i due stati è stato riaperto solo nel 2003. Ancora oggi il confine si passa con il passaporto alla mano, controlli doganali e assicurazione auto integrativa.

Obiettivo i questi due giorni è arrivare alla punta estrema dell’isola, la dov’è oltre c’è solo il mare e le coste della Turchia e della Siria sono vicinissime, così vicine che ti chiedi come mai i profughi non arrivano a nuoto  (e sul perché qui non si sente mai parlare di migranti, su un’isola così vicina, una risposta convincente ancora non me la sono data).

Un’oretta di autostrada e arriviamo al confine, controllo passaporti, assicurazione aggiuntiva per l’auto e via. Subito il cellulare ti dà il “benvenuto in Turchia” e si succhia tre euro: sì, qua a duecento metri dal confine non vale più il roaming europeo, sei fuori dall’Europa, o anche fuori dalle normative Onu. Il primo pensiero “E se Caterina si sente male o succede qualcosa? Che si fa? Qui la nostra assicurazione mi sa che non vale”, va beh, si va avanti. Siamo a Farmagusta, città conquistata prima dei genovesi, poi dai veneziani e ora da imprese di costruzioni che stanno costruendo complex di appartamenti moderni “sea front”.  Vediamo un cartello  con una famiglia felice che annuncia prezzi da 25mila euro per un appartamento. E come sempre, in qualsiasi parte del mondo dove sto, mi comincio a immaginare una vita lì. Passiamo davanti a un università che ci sembra modernissima, quartieri residenziali con parchi gioco di perfezione scandinava e poi via, eccoci sulla strada che si inerpica verso la penisola di Dikarpaz. I Carpazi di Cipro.

La nostra meta è l’ultimo paese sulla punta, i cellulari e google map qui non servono a niente, si va come si è sempre fatto, cartina alla mano e orientarsi con il mare e con il sole. “Dicevi che il paese dove dobbiamo arrivare ha una moschea e una chiesa sulla stessa piazza”? Sì, sì. eccolo qui. Tremila giri per trovare l’hotel perché su Booking aveva un nome diverso, facciamo telefonare ai vecchietti in piazza e uno in motorino ci accompagna    a quella che sarebbe la nostra casa per una notte. Il ragazzo all’accoglienza in inglese sa dire “reservation”, “dinner” e “kebab”. Per il resto parliamo con Google Transalate. C’è una signora seduta sul retro tutta vestita di nero che avrà 156 anni, un signor anziano che con le mani ci fa segno che lui ha 8 figli e uno stuolo di gatti. La stanza avrebbe bisogno di una bella passata di una del nostro staff di filippine, non posso fare a meno di chiedermi quante richiami dell’antitetanica abbia già fatto Caterina, ma va beh, so’ tutti anticorpi. La cosa peggiore è scoprire che il letto non ha il lenzuolo di sopra, ma solo il copriletto, così come ci era già capitato in qualche altro hotel non proprio raccomandabilissimo in Turchia. Ma va beh. E’ solo per una notte.  E Caterina ha il suo lenzuolino personale.

Costume e via, alla ricerca di una “spiaggia delle tartarughe” che secondo la Lonely è là vicino, su e giù per la statale fin quando non vediamo un minuscolo passaggio tra il guardrail.con un minuscolo cartello “Turtle Project”. Ci infiliamo, seguiamo la strada sterrata e arriviamo a un capanno dove ci viene incontro un ragazzo con una tartaruga tatuata sugli addominali che con perfetto accento british ci informa che quella sera alle 9 hanno in programma di mettere le tartarughine cucciole a mare. Intanto scendiamo sulla spiaggia. Sono cinque chilometri di sabbia dorata con un ombrellone uno posizionato in un angolo. Niente bar, niente lettini. Acqua calmissima e cristallina. E calda.  Perfino “Colui che è idrofobico” sta a mare per più di 30 minuti. Sulla spiaggia incontriamo un capitano di lungo corso che ci dice che lui ama tanto il posto, ma gli alberghi fanno schifo, quindi lui si è comprato un terreno e si è costruito la sua “summer house” per passarci l’estate.

La sera il nostro host accende la carbonella e ci prepara un semplice e delizioso piatto di riso e kebab con un yogurt dove c’è dentro di tutto, uno di quelle classiche cose che poi vorresti replicare a casa e non ti riuscirà mai. Come questo riso un po’ croccantino che qui usano come contorno o come quella papirika sopra il pollo. Ma non ci possiamo intrattenere troppo tra le lucine e le lanterne del giardino, abbiamo appuntamento con le tartarughe! Rifacciamo la strada sterrata sotto la luna ed eccoci al rifugio. I volontari ci spiegano che loro passano sulla spiaggia un paio di settimane dormendo in tenda, al mattino presto fanno il giro dei nidi di tartaruga raccogliendo le uova appena schiuse. Lo fanno perché spesso durante il loro cammino dall’uovo al mare rimangono arenate o scottate nella sabbia troppo calda e muoiono. Allora loro le raccolgono e poi le rilasciano sulla spiaggia quando il sole è calato. Delle tartarughe e del loro futuro non mi è mai interessato granché, ma penso che a 18 anni deve essere una bella esperienza da fare venire qui a proteggere le tartarughine. Io e Caterina posiamo i cuccioli sulla sabbia, tra 25 anni forse torneranno qui per deporre le loro nuova e far nascere i loro cuccioli. Secondo Marito qui tra 5-6 anni ci sarà la guerra, chissà tra 25 anni. E chissà se le tartarughe vanno a deporre le uova pure sulle spiagge della Siria. Ma intanto la luna è quasi piena, le stelle brillano e nel cielo non passa neanche un cacciabombardiere. Forse anche la guerra è in vacanza, qualche chilometro più in là di questo mare turchese.

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