La gente mi chiamerà la ragazza che scrive sul treno

10 November 2005

Questo è un post serio (ma anche no)Questo post è liberamente ispirato da una conversazione avvenuta sul mio attico privato alle cinque e mezza della sera con il mio amichetto di sigarette tra voli imprevedibili ed ascese velocissime di stormi cittadini e la luce azzurrina della sera. Il compagno G,.B. sosteneva che la scrittura a mano fosse più fluida di quella digitale, la compagna C.F sosteneva invece di sentirsi bloccata nello scrivere a mano. Sul treno della sera che la riporta a casa lei pensa a quanto tempo non prende una penna in mano per scrivere realmente, e non per prendere incomprensibili appunti durante un’intervista telefonica che poi avrà difficoltà a decifrare e butterà via scrivendo l’intervista a memoria.Sono due anni che ho un blog e sono due anni che ho un computer portatile. Sono due anni che non scrivo una pagina di diario vero. (se si escludono certe pagine vergate in una notte su un battello rompighiaccio tra la Svezia e la Finlandia mentre l’alba boreale illuminava le isolette innevate).E sono quasi due anni che scrivo solo quadretti un po’ divertenti o al massimo nostalgico-evocativi senza andare a scavare e a farmi male con la vera scrittura. Perché la vera scrittura, quella a penna buttata di getto sulle pagine di carta è dolore, è fatica, è scrutarsi dentro con occhio crudele, è il coltello con cui scavi dentro te stessa. Non è scrivere di shopping e avventurelle comiche. E’ fare i conti con il proprio dark-side e illuminare cose che preferiresti non vedere.E mi sono resa conto di non fare questa opera di messa in luce da troppo tempo. Allora stamattina al posto del solito giornale patinato ho infilato nella borsa la mia vecchia smemoranda nera e appena salita nel treno l’ho aperta e ho cacciato la penna. Il treno è un buon posto per scrivere. E’ un luogo letterario ed evocativo. Anche se è un treno di pendolari. Mi sono grattata un po’ il mento con la penna e mi sono resa conto che mi faceva male scrivere. Non ci riuscivo. Era troppo difficile. Io che a quindici anni ogni mattina mentre i prof spiegavano riempivo facciate e facciate di fogli protocollo con l’analisi lucida e spietata dei turbamenti della giovane Camilla. Io che sono guarita da un amore e che mi sono innamorata grazie alla scrittura. Io che scrivevo coi pastelli colorati sul muro “ La parola troneggia sovrana sulla vita ignara e muta”. Ma insisterò. Magari nel treno della sera con i palazzi illuminati che scorrono fuori i finestrini. Magari sul terrazzo sotto la prima stella della sera e le speranze che scendono dal settentrione. Magari in una sera d’inverno sotto le coperte e fuori gli inverni delle favole dove si visse insieme senza saperlo. Ma è ancora tempo di parole. E c’è bisogno di parole incise nella carta e non codici binari che spariranno alla prima formattazione.E poi scrivere sul treno farà di me una ragazza decisamente affascinante e tutti i pendolari si innamoreranno di me. Mi chiameranno la ragazza bionda che scrive sul treno. E se mi chiederanno cosa sto scrivendo dirò che sto finendo il mio primo romanzo e ho già un contratto con Adelphi. I libri della Adelphi sono sicuramente quelli più raffinati. Dovrei studiare un sistema che mi permetta di mascherare da Adelphi i libri chick lit. Ora basta perché questo doveva essere un post intelligente e stiamo già degenerando. Vado a dormire perché bisogna dormire almeno 8 ore al giorno per prevenire la formazione delle rughe.

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