E siamo ancora qui

27 September 2006

Mercoledì mattina. mi sveglia alle 11 una telefonata in diretta da un traffico mattutino direzione lavoro. Prosegue una telefonata in diretta da un ufficio. Tutti a dirmi “beata te”, qua è un casino tremendo, bla bla bla bla. mi infilo un jeans e una maglietta con uno sguardo alla fila di giacchette. Come è facile esaltarsi dello stress e dell’adrenalina. molto meno della nullafacenza. Quanto è dolce svegliarsi un mercoledì mattina alle 11 quando sai che è un eccezione. Camilla, si calma e razionale, che suvvia, siamo al secondo giorno e non è il caso di attaccare subito il melodramma.Si proto-attiva e pensa alle prossime mosse per costruire la tua carriera e non ritrovarti tra un anno a mandare articoli di protesta al barbiere della sera scrivendo dello sfruttamento dei collaboratori, parlando male delle scuole di giornalismo e affermando che questo mestiere ce l’hai nel sangue. Non potrei mai sopportare di vedermi a trent’anni con ancora al braccio una borsa carpisa e costretta a mettere scarpe comode perchè ho da girare. No no, tutto fuorchè abbia la possibilità di comprarmi borse decenti e avere una scrivania per otto ore al giorno dove mettere sotto un paio di tacchi.Voglio dire. E’ una questione di vocazione. La mia vocazione è riuscire a comprarmi una borsa di gucci di pelle. Che poi io sappia mettere quattro parole in fila non significa che abbia il fuoco sacro del giornalismo. Bisogna cambiare prospettiva ora. Luogo?

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