Che forse è la volta buona che vado a Milano

14 October 2008

E così te ne sei andata. Lo tenevi in corpo, lo so, e drammi non ne ho fatti, perché lo sai che mi vergogno. I goccioloni mi sono scesi nelle vasche del dottor Kneipp ai giardini di Poseidon, incorniciate e addotte ad un mal di testa storico.  Nelle terme a Ischia ho chianto e vomitato, come ci abbiamo su la sera al tavolo dell’amicizia trebirre e dolcetti lampone e cioccolato, che domani te ne andavi e bisogna essere leggeri e dedicarsi buchi nelle librerie e red-bull dalle macchinette.
Questa volta il treno l’hai preso senza di me.
“Chi di voi l’ha vista partire dica pure che stracciona era, quanto vento aveva nei capelli, se rideva o se piangeva, la mattina che prese il treno e seduta accanto al finestrino, vide l’italia passare ai suoi piedi, giocando a carte col suo destino”.
Io rimango qua nella precaria perfezione della mia regolare vitadi ufficio colorato, bel lavoro, pranzo a casa, caffè e risate, palestra, birrette della sera, gite felici della domenica e sabati sera che mi addormento contentissima come sotto a una coperta incantata vicino a lui. Sentendomi quasi in colpa per la mia felicità, e chiedendomi, come al solito, già sai, se sia giusto appacciarsi in questa nuvola di morbidezza.
Oggi tutto il giorno ti volevo mandare un messaggio. Poi non sapevo che scriverti. Poi me l’hai mandato prima tu. Poi volevo scrivere un post, poi l’hai scritto prima tu.
Ed eccoci qua. Tanto mica è per sempre.

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