Appunti americani – La Death Valley

29 March 2012

La cosa bella del viaggio on the road è che spesso e volentieri ti svegli in qualche posto di cui non sai il nome. Sai solo che è ai lati di qualche freeway, a qualche ora di macchina da qualcos’ altro. Temo che non saprò mai il nome del luogo in cui si trovava il Motel Americano in cui alle cinque e mezza del mattino incontrai una ragazza con le zeppe glitterate stesa nel corridoio e un negrone in piedi davanti a lei. Non saprò neanche la loro storia e perchè se ne stessero così, sulla moquette del corridoio che attutisce i passi delle storie notturne.

La cosa bella di questo Motel Americano è al brekfast del giorno dopo c’era la macchinetta per fare i waffel. Ci dovevi spruzzare un liquido sopra e poi mettere nella formina un liquido cremoso e veniva fuori il waffel. Per fortuna che siamo state ragazze umili e abbiamo chiesto alla signora delle pulizie come funzionasse la macchinetta suddetta, altrimenti ci saremmo bevuto il composto liquido per waffel così, on the rocks, scambiandolo per un milk shake.

Dopo aver accumulato 1550 calorie tra muffin e uova puntiamo il navigatore direzione Death Valley, che come dice il nome,  è una valle che è un deserto dove è facile che ci muori. Per questo è importante andarci ben nutriti. Sulla guida ho letto la storia di certa gente che se la stava facendo a piedi da uno stato all’altro e per via delle neve è rimasta bloccata in Death Valley per tipo un sacco di mesi e si sono mangiati tra di loro. Meglio avere lo stomaco pieno di muffin, prima di partire. Sarebbe stato meglio avere anche il pieno di benzina, ma quello ce lo siamo scordati, presi come eravamo a farci le foto fighe da tipi western ad ogni angolo di strada. Io affronto il vento gelido per farmi le foto sui binari in mezzo al deserto a maniche corte. Sono scelte che bisogna affrontare con spavalderia queste. Col giubbetto addosso non sarei mai potuta sembrare la figlia scema di Madonna nel video di Don’t tell me.

[Ora vi riposto la foto suddetta qua sotto, così chi di voi non sta su Facebook non se la prende a male che pubblico foto solo su Facebook ecc ecc ecc]

Dopo circa 334 foto e 15 fermate ad ogni angolo western ci siamo resi conti che eravamo in mezzo al nulla e la lancetta della benzina era pericolosamente tendente a sinistra.  E spingere il macchinone non era proprio un’impresa semplice. E a mettersi a fare l’autostop con la tanica in mano potevi pure fare notte. Se pure avessimo avuto una tanica.

Io però non mi sono eccessivamente preoccupata. Di esperienza so che è difficile rimanere a piedi. E sulla guida avevo letto che là vicino c’era un paese. Paese=Pompa di Benzina. Ecco il paese. Panamint, 3 miglia. Arriviamo. L’equazione esatta in questo caso però non è Paese=Pompa di benzina, quanto piuttosto Pompa di Benzina=Paese. Però oltre alla pompa di benzina e allo spaccio della pompa di benzina c’è un pub. Un pub con le motociclette fuori. La ragazza che ci lavora è molto carina.  Chissà da dove viene, chissà se ogni mattina si attraversa mezzo deserto per venire a lavorare al pub in mezzo al deserto. Chissà se vive in mezzo al deserto. Un’altra delle storie che non sarà mai raccontata.

Nel pub in mezzo al deserto servono enormi hambuger con anelli di cipolla fritti grandi come hula-hop. E ce la connessione wifi free. Ci attacchiamo tutti tipo gli israeliti alla borraccia dell’acqua dopo la traversata del Sinai. Nello spaccio della benzina vendono lecca lecca con dentro gli scorpioni del deserto. Non possiamo fare a meno di comprarci tutti un lecca lecca con lo scorpione dentro che non mangeremo mai e farà bella mostra da qua all’eternità nei nostri portapenne.

Rifocillati di hamburger e connessione ci inoltriamo nel deserto più profondo fino ad arrivare allo Zabriskie Point  che è quel posto dove Antonioni ha girato il film che voi tutti che siete gente di cultura avrete visto e che io non ho visto (e manco avevo mai sentito di nominare). Se ve lo siete visti il film non c’è bisogno che vi dico di questo posto, se non ve lo siete visti ve lo dico (se A allora passate direttamente al paragrafo successivo).

Questo Zabriskie Point è come Aliano in Basilicata solo molto più immenso e maestoso. Se non avete visto il film di Antonioni e non vi siete manco letti Carlo Levi allora state più inguaiati di me. Ora vi spiego io. Aliano è il paese di Cristo si è fermato ad Eboli, che non è ambientato ad Eboli come la maggior parte delle persone immagina.  Nel libro Aliano è chiamato Gagliano. Aliano sorge (bello eh il termine “sorge” riferito a un paese) in mezzo a calanchi di argilla. Sta questo paese su un pinnacolo, intorno il burrone e tutt’attorno altri pinnacoli di argilla gialla. A Carlo Levi l’hanno messo là perché effettivamente era molto difficile fuggirsene da là. Lo Zabriskie Point ha lo stesso colore giallo.  Infatti pure qua è argilla. Io questo l’ho capito subito, mica come il fatto di Antonioni, perché oltre a saper distinguere i pianeti dalle stelle so anche distinguere l’argilla dalle arenarie. La differenza tra la Basilicata e la California è che qui la distesa è infinita e grandiosa (gli orizzonti sterminati ecc ecc).

Essendo che questo posto è nel deserto fa molto caldo. Ci sono tipo 40 gradi. In questo deserto ci sono molte aree campeggio. La gente monta le tende in alto, su tipo delle palafitte perché a terra stanno gli scorpioni.

Aspetti positivi di non essere più fidanzata con un geologo:

  1. Non correre il rischio di rimanere a dormire in mezzo al deserto in una tenda montata su una palafitta con gli scorpioni sotto.
  2. Non scendere per i calanchi a 40 gradi per andare a campionare l’argilla trasportando poi su sacchette da venti chili cadauno.

Aspettivi negativi di non essere più fidanzata con un geologo

  1. Doversi andare a cercare su Google come si è formata la Death Valley
  2. Non avere un fotografo accondiscendente con la tua voglia di foto in posa finto disinvolta in mezzo a paesaggi sterminati

 

Dopo esserci fatti 106 foto con argilla sullo sfondo che andranno ad aggiungersi alle mie 515 foto di Camille con Argille sullo sfondo,  procediamo. Dicono che siamo passati in mezzo alle dune di sabbia che sembrava tale e quale al Sahara ma io questo non lo saprò mai perché mi sono addormentata.

[Gli orizzonti sterminati stancano il cuore, gli occhi chiedono riposo da tanta apertura, abituati come sono a un orizzonte sempre chiuso da un Vesuvio, da un’isola che galleggia lontano, da una montagna che ripara lo sguardo]

Mi sveglio ai margini del deserto, che già comincia il monotono filare di ompa di benzina con bandiera 6×3, MC Donald, motel. Ma ora c’è un qualche altro elemento a gioco: il casinò.

Dopo un’ora e passa di macchina, mentre fuori è calata la notte americana, da dietro una collina, all’improvviso, una distesa infinita di luci.

Las Vegas, eccoci.

(continua…)

Negli episodi precedenti:

Cap 1 – San Francisco

Cap 2 – Le Sequoie Giganti

 

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