Viaggio in Giappone-Koya-san e il buddismo esoterico-Decimo Giorno

29 August 2009

( lo so, mancano 7, 8 e 9, ma quelle saranno pubblicate a venire, siamo postmoderni da queste parti)

A malapena sono le 8 del mattino. Sul tavolino basso poggiato sul tatami c’è una ciotola di riso lasciata a metà insieme un piattino di alghe e fagiolini appena stuzzicato. La frittatina l’ho mangiata tutta, ma i fagiolini alle 8 del mattino, per quando voglia adeguarmi alle usanze locali, non se ne scendono. Stamattina un monaco ci ha buttati giù dal tatami ( anzi, ci ha tirati su) alle sei del mattino, per partecipare alle funzioni del mattino. Qualcuno ha timidamente accennato al fatto di voler andare in bagno e farsi una sciacquata di faccia. Niente. Si doveva andare. E’ così, un gruppetto male assortito di occidentali si è accovacciato sul tatami del tempio, cercando di assumere una posizione del loto quanto più verosimile possibile. La sala del tempio è scura, si vede questo altare dorato in mezzo e un gruppo di monaci, saranno sei, inchinati attorno. Sono buddisti della scuola di buddismo esoterico giapponese Shingon, seguaci di Kobo-Daishi. Sono vestiti di nero, non di arancione. Siamo nel Koaya-san, altopiano del Kansai, sede della suddetta scuola buddista che, a differenza del buddismo essoterico ( quello derivato dall’induismo che conosciamo meglio noi col karma, le reincarnazione e sti fatti così) ricerca la Verità tramite un percorso rilevato agli iniziati. Cioè praticamente: per il buddismo che conosciamo meglio noi, l’illuminazione la raggiungi solo dopo essere rincarnato prima in mosca, poi in porco, poi in uomo e cose così. Per questa scuola di buddismo qua, invece, l’Iluminanzione la puoi raggiunge anche in questa vita attraverso gli insegnamenti del Buddha Cosmico.  Almeno questo è quello che ho capito. In ogni caso, agli occidentali in cerca del brivido mistico orientale è permesso alloggiare nelle forestiere dei templi di questa scuola. Inclusa la partecipazione alla funzione della mattina. E’ così, eccoci qua, insieme a coppie miste con un’espressione che vorrebbe essere contemplativa ma è per lo più assonnata. Da un angolo scuro a un certo punto si sentono sbattere dei piatti, come quelli della banda del paese. Bang bang. E prendono il via le litanie scandite da piatti e campanelli. Ogni tanto un monaco tira rumorosamente aria dalla bocca, sarà un metodo di respirazione. Mi pare di ricordare che il ritmo tenuto dai mantra e cantati è essenziale per cercare l’illuminazione. Mi vengono in mente immagini di un documentario di History Channel sulle origini esoteriche del nazismo e mi chiedo dove sia il nesso, ma non riesco a ricordarmelo. Forse invece di farmi la mappa dei negozi più trendy di Omote-Santo avrei fatto bene a leggermi due cose sul buddismo esoterico, ma tant’è, siamo qua e mi abbandono al mantra, Orenghenghiò. A un certo punto la messa finisce, ci vanno alzare e ci conducono in un altro tempietto dove si procede all’accensione di un fuoco, sempre tra mantra e tamburelli. Le gambe cominciano ad essere indolenzite, a furia di stare accovacciati.  Ho un sonno..Stanotte non ho dormito. Pensavo al monaco che ci sarebbe venuti a svegliare e avevo paura di trovarmi impreparata. Il tempio di legno era pieno di cigoli e rumori. Passi furtivi sulle assi di legno, campanelli, suoni lontani di mantra. Una finestra scorrevole che si chiudeva, una lanterna che sfrigolava, una cornacchia tardiva. Il futon è duro e sottile, e il cuscino ripieno di sabbia.  La notte prima eravamo stati al cimitero buddista, dove si dice che siano seppelliti tutti i buddisti del Giappone, o almeno vi è conservato un frammento ( una ciocca di capelli, un’unghia). Chilometri e chilometri nella notte, sul sentiero illuminato da lanterne che dicono ardere ininterrottamente da 900 anni e Giove brillante. Arrivati alla fine del cimitero c’è la tomba di Kobo-Dashi, che non è morto, ma è assorto in meditazione. Lentamente mi avvicino, attenta a non fare troppo rumore sulla ghiaia. Ma a un certo punto bum, faccio un salto indietro. Seduto su una banca c’è un monaco assorto in meditazione, è completamente bianco, come il viso di una gheisa, tanto che non capisco se sia vero o finto. Da dietro al muro lo spio, ha le scarpe dell’adidas, sarà vero. Assorti e silenziosi torniamo indietro. La ritirata è alle 10. Dalla nostra finestra si vede un’aula dove studiano dei ragazzini di quella che sarà una colonia, un campo scuola, qualcosa di simile. Sono alloggiati nel nostro stesso tempio, e ieri, durante la ricreazione, ci facevano “hello” con la manina dalla finestra. Ieri sera alle 11 erano ancora chini sui tavolini, stamattina alle sei e trenta, li abbiamo trovati già tutti lindi e pronti in camicia e pantaloni, e ora, alle 8, sono di nuovo chini sui tavolini a studiare. Li guardo e mi chiedo se quando saranno dei salary man con la 24 ore in mano nella metropolitana di Tokyo penseranno con nostalgia alle estati nel Koya-san, mi chiedo come ci vedano loro, dall’altra parte della finestra.

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